Quando il gelato diventa “esperienza”: Titto e Grom a confronto
Brand in Italy
Quando il gelato diventa “esperienza”: Titto e Grom a confronto
07/05/2012

Alessandra Olietti, Network di Brandforum.it
Titto e Grom hanno costruito due modi diversi di “vivere” il gelato, puntando su aspetti innovativi e luoghi esperienziali, tra on e off line. In Italia e non solo.

Con l’arrivo della bella stagione, aumenta la voglia di gustarsi un buon gelato. Un piacere che, grazie all’utilizzo di sapienti strategie di marketing, può trasformarsi in una vera e propria esperienza. Titto e Grom sono due modi diversi di “vivere” il gelato: da una parte l’esperienza data dal potersi creare da soli la propria coppa, dall’altra l’esperienza di assaporare gusti unici e naturali, grazie all’eccellenza delle materie prime con cui sono stati fatti.

 

1. Titto: il gelato fai-da-te
Grazie a Titto andare a “farsi un gelato” non è più un’espressione idiomatica ma è diventata una realtà possibile. Titto è una catena di gelaterie, che nasce per offrire ai clienti italiani un nuovo modo di intendere il gelato, vuole riproporre infatti l’idea americana del gelato fai-da-te: si entra in una gelateria, si scelgono i propri gusti e si mettono personalmente nelle coppette.


Titto ha il suo quartier generale a Bologna, dove è presente con cinque punti vendita, i primi aperti in via Goito e via D’Azeglio nel 2011, gli altri inaugurati quest’anno in nuovi punti della città, a San Lazzaro di Savena e a Casalecchio di Reno. L’idea del gelato self-made e self-service è nata ad un gruppo di giovani imprenditori bolognesi che non vogliono svelare la loro identità, probabilmente per far emergere maggiormente la loro creatività. Il nome “titto” deriva dal dialetto bolognese e significa “biberon”, rimanda indirettamente al mondo dei bambini, alla semplicità, al latte presente nello stesso (e anche nel gelato), “titto” è anche verbo onomatopeico che ricorda il rumore prodotto dalle labbra del bambino mentre succhia dal biberon.

 

Come nasce quindi l’esperienza nelle gelaterie Titto? Come ogni esperienza, per essere degna di essere chiamata così, deve poter coinvolgere il soggetto che la vive, deve in qualche modo cambiarlo e gratificarlo, spingendolo a volerla fare di nuovo. Nel caso di Titto, l’esperienza nasce grazie alla possibilità che i clienti hanno di crearsi le proprie coppette gelato e di personalizzarle, come se fossero degli esperti gelatai. Il vero gelataio rimane dietro le quinte, il protagonista è il cliente: diventa un attore, non più solo passivo compratore che attende il suo turno per ordinare il gelato desiderato.

 

Appena entrati in gelateria si prende la propria coppetta (sono grandi e invogliano ad essere riempite), si scelgono i gusti e inizia a prendere forma l’esperienza. Con un costo a peso e una ampia varietà di gusti (dai classici a quelli più nuovi) che sono però uguali in tutti i punti vendita così che il cliente possa vivere la stessa esperienza in città diverse, per creare comunità tra tutti i consumatori di Titto. È da notare l’attenzione data a chi soffre di intolleranze alimentari: il gelato infatti è tutto senza glutine. Dopo aver scelto i gusti, ci si avvicina ai dispenser e azionandoli con apposite leve, si fa scendere il gelato nella coppetta. Lo step seguente è scegliere i topping con cui guarnire il gelato; da ultimo si va alla cassa, si pesa la coppetta e solo dopo aver pagato il commesso dà un cucchiaino con cui mangiare il proprio gelato.

 

Il negozio fisico è un ambiente che arricchisce l’esperienza facendole da cornice: non è molto grande ma è particolareggiato, da subito si può notare il rimando al nome del brand (scritto in grande sulle pareti), sembra ricreare le atmosfere fiabesche della fantasia dei bambini. È una gelateria minimalista, dai colori pastello azzurro. All’interno del punto vendita non ci sono tavoli, si mangia infatti seduti su due file di gradoni (come gli spalti di una piscina) coperti di erba sintetica, l’impressione è quella di essere in un prato all’aria aperta grazie al pavimento anch’esso in erba e alle nuvole disegnate sulle pareti.

Da quest’anno Titto ha deciso di arricchire le giornate degli amanti del gelato fai-da-te anche in altre città italiane, oltre a Bologna. Lo scorso 31 marzo infatti, con grande successo di pubblico, ha aperto i battenti la gelateria brandizzata Titto a Milano in via Mora 5, a Verona e a Reggio Emilia. Il 7 aprile è stata la volta di Firenze e il giorno dopo è toccato a Riccione.

Titto è quindi gelateria, ma anche punto di incontro, luogo esperienziale in grado di dialogare con i clienti e con la città che lo ospita. Lo fa sovrapponendo la comunicazione in loco con la comunicazione in rete, così da coinvolgere in prima persona i consumatori, permettendo loro di vivere delle esperienze dirette (ma anche indirette) con il prodotto. Il successo sembra essere nato prima dal passaparola, poi grazie ad un uso sapiente dei social network così da arrivare a più persone possibili, in particolare ai giovani. Tra le strategie comunicative in grado di creare esperienza ci sono sicuramente l’anonimato dei fondatori e la creazione di notizie a volte “incomplete” per far nascere un forte senso di attesa.

 

Esperienza nuova quindi sul prodotto – magari senza puntare molto sulla ricercatezza della materia prima (come nell’esempio che vedremo in seguito) – ed esperienza nuova dell’ “andare in gelateria”.

 

2. Grom: il gelato come una volta
Spostiamoci ora da Bologna a Torino per analizzare come può nascere un altro modo di intendere l’esperienza attorno ad una semplice coppetta di gelato. È il caso dell’ormai famoso brand “Grom, il gelato come una volta”.

La prima gelateria è stata aperta nel 2003 a Torino da un’idea di due giovani soci fondatori, l’enologo Guido Martinetti e l’analista finanziario Federico Grom, da cui poi il nome della catena di gelaterie artigianali.

L’obiettivo è quello di far nascere un’esperienza nei consumatori partendo dalla qualità del gelato; si punta quindi molto sulla scelta delle materie prime ma anche sul controllo dell’intero processo di produzione.

Le gelaterie Grom utilizzano solo frutta fresca e di stagione proveniente dall’Italia e dal Mondo (il gusto al mandarino per esempio si trova solo nei mesi invernali), latte e uova biologiche. Molti dei prodotti utilizzati provengono dall’azienda di agricoltura biologica Mura Mura, di proprietà del marchio, a Costigliole d’Asti dove vengono coltivati alcuni frutti secondo metodi biologici e nel rispetto della natura. Le nocciole arrivano dal Piemonte, la vaniglia dal Madagascar, il cioccolato dal Venezuela e dalla Colombia, il caffé proviene dal Guatemala, le noci da Sorrento, i limoni sono quelli di Amalfi, le mandorle d’Avola, il pistacchio arriva dalla Siria e la cannella da Ceylon. Grom dichiara (cfr. sito web http://www.grom.it/ita/index.php) di essere molto attento alle intolleranze per soddisfare ogni tipo di clientela, afferma inoltre che nelle sue preparazioni non sono presenti coloranti, additivi o aromi.

L’attenzione per le materie prime si è dimostrata una strategia vincente poiché Grom ha ottenuto negli anni un grande successo in Italia, dal 2007 anche nel Mondo, con l’apertura di una gelateria a New York, nel 2008 a Parigi e nel 2009 a Tokyo.

 

Mangiando un gelato Grom il cliente deve sentirsi in qualche modo parte di un’esperienza unica ed esclusiva, poiché si tratta di prodotti in grado di soddisfare le papille gustative dei consumatori ma anche di garantire un’alimentazione sana e priva di elementi che potrebbero essere dannosi per la salute, come i coloranti chimici. Un’esperienza plurima quindi, che coinvolge chi assapora un gelato Grom da vari punti di vista. Attenzione al rispetto per l’alimentazione si traduce anche in rispetto per l’ambiente e per l’ecosostenibilità: per i cucchiaini e le coppette infatti non viene usata la plastica, ma un materiale biodegradabile creato da amido di mais e oli vegetali.

Il nome completo del brand è “Grom, il gelato come una volta” e riassume in sé l’esperienza completa nata da una vincente unione tra innovazione e tradizione: l’innovazione abbraccia la ricerca delle materie prime in un’ottica mondiale, l’utilizzo di macchinari sofisticati, gli studi per trovare il giusto mix di ingredienti al fine di ottenere un gusto ottimo; la tradizione invece è rappresentata dal voler riproporre il gelato fatto in modo artigianale (anche se su scala mondiale), senza conservanti e ingredienti chimici, dal gusto pulito e semplice che sembra appunto rimandare al “gelato come una volta”. È un tipo di esperienza appagante quindi, a giudicare dal grande successo ottenuto e dalle lunghe file fuori dalle gelaterie, che rendono i clienti soddisfatti i principali promoter del brand. Se il gelato è “come una volta”, la comunicazione è invece moderna, Grom utilizza infatti i principali social network per raggiungere la propria clientela.

 

3. Considerazioni conclusive

Due idee di marketing vincenti quindi per creare esperienza: da una parte Titto che punta sul rendere il cliente protagonista al fine di premiarne la creatività; dall’altra Grom che vuole premiare invece l’eccellenza dei prodotti.


Entrambi i brand puntano a coinvolgere a livello sensoriale i clienti, facendogli vivere delle esperienze appaganti: Titto attiva il gusto e il tatto, Grom principalmente il gusto e l’olfatto ricercati.
 

A cura di

Alessandra Olietti

Redattore Senior 

Project Manager Eventi

Collabora con Brandforum da gennaio 2012

Forte interesse per la scrittura sul web e sui social, nonché per il mondo del brand, in particolare per le strategie comunicative applicate al business turistico. Su questa tematica nel 2018 ha scritto un libro per FrancoAngeli - "Turismo digitale. In viaggio tra i click" - con Patrizia Musso.

Dal giugno 2015 collabora nell'organizzazione di Slow Brand Festival, un appuntamento annuale - ideato dal Direttore di Brandforum - dedicato alle riflessioni sul fenomeno Slow in Italia. 

Si è laureata con lode presso l’Università Cattolica di Milano con una tesi magistrale sulla comunicazione aziendale attraverso gli spazi, riletta alla luce delle teorie dei media digitali e del marketing esperienziale. Attualmente è Docente a contratto presso il medesimo ateneo, nonché formatore e consulente aziendale

In Università Cattolica è inoltre Career Adviser (CIMO. Comunicazione per le imprese,i media e le organizzazioni complesse) e Coordinatore dell'International Master in Cultural Diplomacy.

Oltre alle attività accademiche, si occupa di Coordinamento Media e Marketing per Alchemilla Cooperativa Sociale  in relazione al progetto "Artoo. L'arte raccontata dai bambini", una start up innovativa che propone un modo nuovo di avvicinarsi all’arte, promuovendo l'autoralità e il protagonismo culturale dei bambini anche in età prescolare.

Nel tempo libero cucina, legge e appena può scappa tra i monti.

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