Contest di narrazione co-creativa – II puntata: Talent Coffee e Un Caffè Insieme
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Contest di narrazione co-creativa – II puntata: Talent Coffee e Un Caffè Insieme
01/08/2013

Claudia Romano, Network di Brandforum.it
Anche Vergnano e Bialetti sperimentano il coinvolgimento del target con una sfida incentrata sullo storytelling. Scopriamo i risultati nella seconda puntata del nostro paper di approfondimento.

 

 

* b-awarded *

Guarda le nostre pagelle su Pinterest: Vergnano e Bialetti

 

«Una storia con un inizio e una fine non è sperimentabile nella vita: è assolutamente artificiale, definita da una struttura a sua volta artificiale, fondata sul senso di determinare un senso.» – Wim Wenders

 

In questa seconda puntata si cercherà di fare un confronto tra altri contest di narrazione co-creativa che sono stati oggetto di una ricerca condotta nel mese di marzo e descritta nella prima puntata di questo paper a puntate.
Lavazza ha voluto vestire i panni di “talent scout” e portare sul palco –della propria community e non solo − potenziali storyteller fino ad allora sconosciuti. Vergnano e Bialetti sono invece rimasti più aderenti al proprio profilo di brand. In altre parole, hanno organizzato un contest per coinvolgere, divertire, interessare, far parlare i propri prosumer.

 

È doveroso chiarire subito che i parametri di valutazione utilizzati (nella ricerca e per le pagelle b-awarded di Brandforum) sono stati i medesimi.

 

1. IL CASO VERGNANO

 

Descrizione del progetto

Talent Coffee, ancora consultabile a questo link, si presenta come una gara di creatività nella quale ogni utente è chiamato a esprimere il proprio talento raccontando una storia. Come? Attraverso una sequenza di immagini animate. L’unica richiesta da parte del brand, in questo caso, è l’acquisto di una confezione di prodotto affinché compaia almeno in una delle immagini della mini-animazione(1).

 

La fantasia e il talento, in questa iniziativa, devono essere associati alla promozione del brand Èspresso 1882. La marca specifica solo il tema delle storie – “Caffè Vergnano Èspresso®1882” – e, per ogni altro aspetto, è lo user a lavorare con l’immaginazione. Ci sarà chi racconterà la storia d’amore tra una tazzina e una capsula di Vergnano, chi si soffermerà sull’energia di questa famosa bevanda, chi metterà in scena un dialogo tra animali di peluche e così via.
Il concorso si sviluppa sulla pagina Facebook e, fin dal regolamento, l’azienda dichiara il proprio obiettivo: “promuovere un concorso a premi rivolto ai navigatori Internet iscritti a Facebook per incrementare il traffico della pagina”.

 

1.1 Il tessuto narrativo
Analizzando con attenzione i contenuti pubblicati sulla pagina Facebook è evidente che − nella quasi totalità dei casi − non si può parlare di storie, soprattutto, per la brevità delle animazioni (da un minimo di 5 a un massimo di 10 immagini). Tuttavia, nella sequenza dal titolo Un grande amore, l’utente  riesce a raccontare al pubblico l’inizio, lo sviluppo e l’epilogo di una storia d’amore. La linearità del racconto non lo rende meno accattivante. Al contrario, lo user riesce ad antropomorfizzare gli oggetti amalgamando il brand al tessuto narrativo. La sceneggiatura e le inquadrature rivelano una certa esperienza dell’autore e rendono piacevole la fruizione per lo spettatore.
Il tessuto valoriale è quasi del tutto assente. Probabilmente, il brand ha condizionato gli utenti dichiarando, apertamente, i propri fini promozionali.

 

1.2. Partecipazione
Confrontando questo caso con Storie Inconsuete di un’Italia Straordinaria, si noterà una partecipazione più modesta. Le mini-animazioni disponibili nell’ambiente virtuale dedicato a Talent Coffe sono 13. Anche i parametri di notorietà − come Like e Commenti − non raggiungono gli stessi valori: si arriva a un massimo di nove Mi piace e a un Commento! Per Lavazza, inoltre, è possibile utilizzare molte più piattaforme per la condivisione.

 

L’identità dello user non è nota − a differenza di Storie Inconsuete − dunque non si può parlare con certezza di una forte spinta narcisistica/autopromozionale alla partecipazione.

 

1.3. Promozione del brand
Come anticipato, ad oggi non è disponibile un ingente numero di animazioni sulla pagina Facebook di Èspresso®1882. La stessa cosa vale per il tasso di engagement degli utenti-spettatori. Tutto questo  – letto unitamente all’obiettivo prestabilito dal brand – fa pensare che Talent Coffee non abbia portato ai risultati sperati.

 

1.4. Multimedialità
La narrazione per Talent Coffee si pone su due livelli: immagini animate (mini-animazioni), titolo e breve descrizione (parti verbali). La multimedialità non raggiunge un punteggio elevato a causa della limitata forma espressiva – in termini di codici da poter utilizzare − che viene indicata ai prosumer.

 

1.5. Coerenza tra elementi
Fin dal titolo, Vergnano sembra voler coniugare le due anime del concorso: la promozione del brand e la creatività degli utenti della propria Fan page o, più genericamente, di Facebook. Nel regolamento viene esplicitata la validità territoriale del contest: si rivolge a tutti coloro che hanno domicilio/residenza in Italia. Allora, per quale motivo si utilizza una denominazione inglese per il concorso? Serve per parlare al popolo della Rete oppure questa espressione viene usata per coerenza con il primo premio (viaggio a Londra)? E ancora, per quale motivo un brand che vuole promuovere la propria storia sul territorio nazionale, utilizza una lingua straniera? Tutti gli interrogativi posti lasciano supporre che non vi sia una piena coerenza tra gli elementi che caratterizzano questa attività.

 

 

2. IL CASO BIALETTI

 

Descrizione del progetto

Un Caffè Insieme è il titolo del progetto firmato Bialetti. Il contest nasce sul sito Bialetti Caffe d’Italia, tuttavia, è possibile condividere le storie anche sulla pagina Facebook del brand. Alcune sono consultabili a questo link. Il concorso − della durata di circa due mesi − prevede che gli utenti partecipino raccontando il loro “momento caffè” in soli 140 caratteri. Le possibilità di vincita sono due: immediata (una macchina del caffè al giorno) e tramite giuria (cinque macchine del caffé al termine del concorso). Si nota una certa coerenza − da parte dell’azienda − tra tipologia di concorso e incentivi alla partecipazione (iCGM). L’obiettivo sembra quello di ingaggiare coloro che amano Bialetti o che vogliono stringere, coltivare una relazione con questo brand.

 

2.1. Il tessuto narrativo
Il tessuto narrativo è, anche in questo caso, molto debole. Se fino ad ora si è parlato di storie lo si è fatto per non creare troppa confusione. In realtà − all’interno di questo contest − i contenuti si avvicinano più a “pensieri in libertà”, libere associazioni che rimandano al rito del caffè.
Come anticipato, è la marca a porre un limite massimo di caratteri da poter utilizzare, probabilmente, condizionando lo user che si accinge a scrivere il proprio racconto.

 

Tuttavia, non mancano − come per il caso Vergnano − degli esempi che confermano la possibilità di narrare una vera storia anche in pochissime righe(2).
Inoltre, è interessante notare come il caffè stimoli le persone a parlare del proprio consumo in modo appassionato e apparentemente spontaneo (anche se, in realtà, è il regolamento a definire questo tema per i racconti). Il caffè è proposto da quasi tutti gli user come l’aiutante o il dono magico. Esso tiene insieme presente e passato.

All’occasione, si trasforma in un dolce richiamo per chi vive all’estero.
I valori sottesi a queste micro-narrazioni sono molti: amore, amicizia, condivisione, unione, forza, coraggio. Per l’azienda, riuscire a richiamarne così tanti − associati al proprio prodotto − dovrebbe rappresentare un buon traguardo.
In fondo, ciò che si percepisce è la costruzione di una grande storia partecipativa per e con il brand stesso.

 

2.2. Partecipazione
Questo terzo caso mostra un grado di partecipazione medio, se confrontato con i due precedenti: Lavazza e Vergnano. I mini-racconti presenti sul sito sono, in totale, 64. Oggi, solo alcuni di essi sono fruibili sulla pagina Facebook Bialetti, come indicato sopra.
L’ambiente virtuale sviluppato per Un Caffè insieme non permette di stabilire una classifica e nemmeno di valutare i parametri di notorietà. L’unica possibilità di ricevere Like o Commenti, per l’utente, è la condivisione del contenuto sulla Fan page. Purtroppo, però, solo una piccolissima parte delle storie è stata condivisa come post sulla Bacheca ufficiale del brand e, quindi, l’analisi comparativa non può essere effettuata correttamente. Tuttavia, è interessante rilevare che − per questi pochi post di Un Caffè insiemeLike, Share e Commenti non superano mai le decine.

 

2.3. Promozione del brand
«Nessuno meglio di Bialetti sa quanto c’è di straordinario nel modo in cui gli italiani vivono il rito del caffè: tradizioni secolari e tecniche locali da sempre si intrecciano rendendo unica e inconfondibile l’esperienza del caffè degustato nella propria città». In queste poche righe (consultabili all’indirizzo: http://www.bialetticaffe.it/caffe/) è il brand a parlare di sé, in terza persona. Questo modo di raccontarsi è assolutamente coerente con quanto fatto dai prosumer. È proprio per questo motivo che si può attribuire al concorso Un Caffè Insieme una buona valutazione qualitativa. Leggendo le storie-frammento si scopre che il consumatore ha introiettato, perfettamente, i valori della marca e sa restituirli anche alla marca stessa, in modo intimo e naturale.
Al contrario, da un punto di vista quantitativo e social il progetto non raggiunge i medesimi risultati, nonostante la formula sia molto adatta a quel tipo di funzione. Lo user, infatti, può trasformarsi in testimonial e far guadagnare al post l’aggettivo glass (Musso, 2011)(3).

 

2.4. Multimedialità
Gli utenti non possono scegliere quale codice espressivo utilizzare. Come da regolamento, chiunque voglia partecipare a questo concorso deve scrivere − utilizzando un massimo di 140 caratteri − un momento ricorrente della propria vita in cui ha gustato o gusta il caffè con una persona speciale (e registrarsi compilando un apposito form).
Questa iniziativa, quindi, non ottiene un punteggio in termini di multimedialità, soprattutto, se confrontata con i contest Lavazza e Vergnano.

 

2.5. Coerenza tra elementi
L’Azienda mescola in modo appropriato gli ingredienti rimanendo fedele al suo profilo identitario. Al progetto, tuttavia, manca la giusta cassa di risonanza: un uso sapiente dei nuovi media per arrivare ad un pubblico ancora più vasto.

 

 

Conclusioni

Nei tre contest analizzati si percepisce un nuovo approccio alla narrazione, anche se in tutti, forse, manca la consapevolezza di cosa essa, effettivamente, sia. Questo vale sia per l’azienda che per l’utente.
La difficoltà con la quale si affronta lo storytelling è la stessa che si incontra quando si approccia la definizione di consumatore: individuo, user, utente, pubblico, prosumer? Non si sa più né come chiamarlo né, esattamente, cosa esso rappresenti. Questo avviene perché la Rete confonde e, spesso, fonde i ruoli.

 

La narrazione non è più solo di impresa ma si apre alla co-creazione. Il grande cambiamento sembra essere innanzitutto sociale e culturale.
Le aziende, però, hanno ancora paura e spesso non sono pronte a buttarsi tra la “folla”. Questo è un dato che emerge nell’analisi e spiega, in parte, la semplicità – a volte, la banalità – con la quale vengono formulati i progetti di co-creazione narrativa.
Inoltre, bisogna considerare anche “l’amatorialità” degli individui che partecipano – spesso per puro gioco –  a queste iniziative proposte dai brand.
È necessario, infine, considerare la legge della “trasparenza” e dell’ “autenticità” fatta applicare dalla Rete ai suoi Abitanti. L’effetto di riconoscere se stessi nella storia di un amico o di un follower – anche se stilisticamente imperfetta o tecnicamente discutibile − potrebbe duplicare l’emozione provata e avere ricadute positive nella relazione con il brand stesso.

Dunque, la Rete amplifica le voci narranti come fossero parte di una unica grande tribù e supera tutti i confini. Per questo motivo, quello che si auspica è trovare nuove categorie senza cercare di forzare quelle ben consolidate, come accade − per esempio − con lo storytelling. Il finale − in termini di sviluppo di nuove modalità di corporate storytelling, di nuove tipologie di contest co-creativi, di avvento di strumenti tecnologici − resta aperto.
Dato quanto accaduto sino ad ora, si ipotizza una certa dipendenza della narrazione e della comunicazione d’impresa dalle prossime innovazioni tecnologiche.

 

 

 

(1)«Ogni immagine sarà una sequenza − della durata di un secondo − di un mini-video che racconterà una storia»

(2)«Un ragazzo di tredici anni mi ha chiesto una sigaretta, gli ho detto che non l’avevo e gli ho offerto un caffè: ora viene sempre a trovarmi in ufficio»

(3)Patrizia Musso (a cura di), Brand Reloading. Nuove strategie per comunicare, rappresentare e raccontare la marca, Franco Angeli, Milano, 2011. v. http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_libro.aspx?ID=19314

 

Claudia Romano, si è laureata in Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse all’Università Cattolica di Milano. Negli ultimi mesi, ha concentrato tutte le sue attenzioni sulla narrazione d’impresa diventando grande fan del web storytelling.
Animata dalla filosofia: think global, act local e appassionata di digital marketing ha scelto – dopo aver osservato quanto accade oltreoceano − di affrontare la dimensione della provincia per far apprezzare la web-culture anche ai più scettici.
Crede fermamente che la contaminazione tra stili e culture porti con sé preziosi stimoli e nuove idee per questo ha intrapreso esperienze formative e lavorative di diverso tipo. Una costante: la sua passione per tutto ciò che è comunicazione. E-mail: craidualc@gmail.com

 

 

 

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