Francesca Tognoni, Redattore Senior di Brandforum.it
La nuova campagna istituzionale “Meet me @Starbucks” è un viaggio in 28 Paesi diversi per esplorare, in un solo giorno, le persone con le loro passioni e abitudini. La riscoperta del “luogo” come punto di incontro in un’ottica decisamente Slow.
Un giorno può durare un attimo, concentrare la sua forza espressiva in un’unica esperienza, oppure essere la risultanza di mille esperienze che si susseguono senza ordine o logica. I giorni possono essere programmati o estemporanei, possono non passare mai per la noia, l’ansia, la paura, oppure sciogliersi al sole di un sorriso ed il cuore colmo di gioia. Un giorno può essere solitario, un altro caotico ed affollato. Un giorno, una sorpresa, oppure una routine senza sosta. L’espressione di una passione e la voglia di cambiare contrapposta magari alla paura del cambiamento.
Quante cose ancora possono accadere in un singolo giorno? Dove andiamo, cosa facciamo, chi incontriamo definiscono la nostra personalità, il nostro tempo e la sua qualità. La vita di una persona può essere riassunta in un giorno? E quella di un brand?
Starbucks, la catena di caffetterie più conosciuta al mondo, ha realizzato un tentativo attraverso la prima campagna pubblicitaria istituzionale chiamata Meet me @ Starbucks. Lanciata all'inizio di Ottobre, registra cosa succede in una sola giornata all'interno degli store di tutto il mondo. Un vero e proprio documentario della durata di 5 minuti, da cui sono stati tratti i tagli televisivi da 30 e 60 secondi, costruito attraverso la selezione e il montaggio delle immagini raccolte attraverso 24 ore di shooting in 59 stores da 39 registi e 10 fotografi locali. Un viaggio intorno al mondo per esplorare le persone con le loro passioni e le abitudini di 28 Paesi diversi, tutto in un solo giorno.
Starbucks sembra voler sancire la giornata come un nuovo format comunicativo Slow all'interno del quale esaltare la figura del consumatore finale, vero eroe della campagna, e delineare, solo in un secondo momento, i propri tratti somatici di brand. Definisce così la propria identità non attraverso i prodotti o dei concetti strategici – it’s never been about the coffee – ma identificandosi nel luogo: lo store. A place for Everything, there’s Starbucks. Un Hic et Nunc contingentati: un giorno la cui durata è fissa ed invariabile, rappresentato nello spazio delimitato di un negozio, ma un limite che acquista una connotazione globale perché reiterato attraverso diversi Paesi ed espande i tempi della narrazione temporale attraverso la molteplicità delle esperienze.
La narrazione del video procede seguendo lo scandire delle ore del giorno: ci si sveglia a Londra, Vienna e Taipei quando ancora il traffico non è troppo congestionato, si inizia a lavorare a Zurigo. Ci si incontra per lo stesso hobby a Istanbul, Praga e Tokyo. Il pomeriggio passa in audizioni musicali tra Seul e Hong Kong, incontri di lavoro, chiacchiere, giochi e raduni sportivi. All'imbrunire, invece, ci si rilassa dopo la scuola, dopo il lavoro, si ride, si scherza e si festeggia perché Good things happen when we get together.
Una fotografia variegata del mondo in cui gli stereotipi sociali si intrecciano con alcune stravaganze locali e le immagini si concatenano alla perfezione seguendo la scansione temporale della giornata e le macro tematiche che caratterizzano la vita di ognuno: l’amore, il lavoro, la famiglia, l’ambiente, lo stare insieme e, soprattutto, la passione che anima e contamina tutte queste attività. Come si coglie dalle parole del video stesso: The most important thing of all of this is the people can live their lifes and be themselves, be comfortable…
Lo spazio e la caratteristica convivialità del luogo che viene esaltato nel video, inoltre, rappresentano la scelta di Starbucks di sovvertire un ordine mentale proprio della società moderna. Infatti, solo qualche anno fa, si vociferava che l’attitudine dei clienti di Starbucks a sostare a lungo negli stores, con esigue consumazioni, lasciasse presagire un imminente fallimento, e questo pronostico risultava essere perfettamente allineato ad un consumo ed una fruizione del tempo e dello spazio sempre più fuggevole e veloce. Al contrario, in questa campagna, Starbucks dimostra di aver convertito l’elemento di minaccia in un punto di forza, la riscoperta del luogo come punto di incontro, di scambio, dove poter studiare, lavorare e conoscersi, fermarsi ad arricchire la propria giornata. Un luogo e un tempo Slow che fanno riscoprire il gusto ed il valore dell’incontro fisico contrapposto alla tendenza digitale di rimanere distanti e comunicare esclusivamente attraverso i più moderni devices. A celebration of good things that happen when we get together.
Interessante constatare come il lasso temporale di una giornata sia ascrivibile a format comunicativo promosso non soltanto attraverso l’esempio di Starbucks, ma anche tramite l’ultimo film di Gabriele Salvatores, Italy in a Day -per quanto possa sembrare ardito in quanto accosta 2 piani dialogici differenti.
Sebbene, infatti, i due esempi siano dissimili nella struttura orchestrale che li costituisce, adottano entrambi la misura temporale di una giornata per cercare di condensare l’essenza di ciò che rende straordinario la quotidianità. Nel film Italy in a day, il regista pluri premiato si limita a osservare e cucire insieme le storie per creare un montaggio, dilata il tempo della narrazione scomponendo la giornata in piccoli frammenti carichi di emotività restituendo l’immagine dell’Italia che emerge da un esempio di cinema collettivo.
Starbucks, invece, sceglie di adottare l’occhio di registi e fotografi selezionati e in questo modo attenua il tratto amatoriale lasciando trasparire la presenza di un direttore d’orchestra impegnato a veicolare un messaggio attraverso la coralità dei suoi consumatori. A Starbucks viene riconosciuto comunque il primato di aver iniziato il format giornaliero all’ambito pubblicitario, mentre Gabriele Salvatores si è impegnato a fornire un’immagine dell’Italia ripercorrendo le orme del caso filmico Life in a Day, realizatto nel 2010 da Kevin Macdonald. Nonostante questo, tuttavia, il format Slow selezionato sembra funzionare in entrambi i casi nell'intento di sondare le potenzialità della cultura partecipativa e la poliedricità che ne emerge per delineare l’immagine di un Paese e di un brand.