L’importanza di chiamarsi brand
L’importanza di chiamarsi brand
Renato Mattioni
2011, Guerini e associati

Se è possibile valutare il brand di un prodotto commerciale, come Coca-Cola o Nokia, quanto valgono i fattori di competitività legati al “made in Italy”, al design o alla moda? Quanto vale il Duomo di Milano per le nostre imprese a vocazione internazionale e quanto vale il Teatro alla Scala? Ma anche San Siro, il panettone o il Gran Premio di Monza. La Camera di Commercio di Monza e Brianza ha condotto una serie di ricerche economiche interrogando gli imprenditori del territorio, stimolata dalla suggestione del “Nation branding”, termine coniato dall’economista Simon Anholt. I singoli Paesi, così come i prodotti e i servizi delle aziende, possiedono un valore, un brand che identifica la loro reputazione. Il “Nation brand index” misura la forza e l’attrattività dell’immagine di ciascuna nazione valutando la combinazione di sei dimensioni (esportazioni, governance, cultura, qualità della vita, turismo, investimenti). Ne viene fuori una immagine della «grande Milano », come città-regione ormai senza confini, che sceglie i flussi rispetto alla stanzialità, crea nuove leadership, aggrega interessi diffusi e per questo è spesso più avanti della politica nell’intercettare un’idea di Paese in movimento, federalista nelle funzioni e glocalista (globale e locale al tempo stesso) nella sostanza.

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