L’efficacia dell’internal branding attraverso la recente esperienza di Philips
Internal Branding
L’efficacia dell’internal branding attraverso la recente esperienza di Philips
30/11/2012

Patrizia Musso, Direttore di Brandforum.it, con la collaborazione di Veronica Ramacci, Network di Brandforum
L’Internal Branding non è solo un approccio teorico (introdotto in Italia nel 2007), ma anche una strategia operativa. Lo dimostra il recente caso Philips.

Premessa
È orientamento comune, quando ci si trova ad affrontare in azienda un nuovo fenomeno in ascesa, affidarsi per la sua presentazione e divulgazione a casi concreti di soggetti che per primi hanno deciso di affidarsi alla novità. E con risultati positivi.

 

Questo succede anche per la strategia di internal branding, introdotta in Italia a partire dal volume omonimo (curato da Patrizia Musso, nel 2007) che ha messo a fuoco – a partire da dieci casi di eccellenza – i punti di forza che questo nuovo approccio può offrire a vari contesti aziendali. Si tratta di una visione che per la prima volta invita a sposare con forza le tecniche più tradizionali della comunicazione interna con quelle più dinamiche della comunicazione esterna. Da qui la nascita del termine stesso “Internal Branding”.


Brandforum, a questo proposito, da tempo si offre come luogo non solo di divulgazione culturale on line (con una sezione ad hoc) ma anche di consulenza e formazione strategica off line per affiancare manager e leader aziendali nel cammino verso la creazione di interfacce comunicative e performanti secondo l’approccio di Internal Branding.


Una soluzione che si sta rivelando sempre più funzionale per il contesto di mercato odierno dove è importante affidarsi anche a nuovi strumenti per instaurare dinamiche relazionali con i dipendenti aziendali. Se infatti si sente parlare da tempo di “consum-attori”, ovvero di persone che nel mondo dei consumi (quindi oggetto di attenzione della comunicazione esterna) sono sempre più attente, critiche e capaci di operare selezioni precise, da qualche anno sta prendendo piede anche la figura del “lavor-attore”.

 

Complici anche le nuove tecnologie, social network compresi, il dipendente (a partire dalle leve più giovani) sente una spinta maggiore a entrare in contatto con la propria realtà aziendale, a conoscerne al meglio la cultura e a posare sulla bilancia – nei processi di scelta o di mantenimento del “luogo di lavoro” – a fianco di benefit economici anche il valore simbolico e d’immaginario del brand in cui opera o andrà a operare.

Anche in un periodo di crisi, come quello attuale, il livello di fiducia e la dimensione affettiva creatasi sul luogo di lavoro con tutti i collaboratori possono essere volani utili per aiutare il management nel risolvere al meglio problematiche contingenti.

Si è creato quindi un nuovo “oggetto d’attenzione” anche per la comunicazione interna.


Indagato nelle sue molteplici sfaccettature in un altro libro italiano (Brand Reloading, a cura di Patrizia Musso, 2011), il “lavor-attore” permette di rilevare come l’opportunità di coinvolgere i dipendenti nelle dinamiche aziendali attraverso diverse opportunità e iniziative sia ormai oggi decisamente utile: conoscere e riconoscere i lavor-attori permette all'azienda stessa di poter ricavare, oltre ad un clima lavorativo più sano e fruttuoso, degli importanti stimoli indispensabili ai fini di una differenziazione del prodotto/bene da commercializzare poi sul complesso mondo dei mercati. Il lavor-attore soddisfatto si sta rilevando infatti come uno strategico brand ambassador, sia dentro sia fuori le mura aziendali e in diversi settori merceologici.

 


Ecco allora che porre come base l'idea che la reputazione di un’azienda si giochi anche sul giudizio/percezione dei suoi lavoratori rende indispensabile uno studio attento di una serie di strumenti comunicativi, con una conseguente e altrettanto puntuale cura di una cultura d'impresa improntata al dialogo con il dipendente.

 

Fra le aziende che si sono affidate recentemente ad un approccio di Internal Branding troviamo Philips, che (in questo caso con il contributo di una società di consulenza americana) ha deciso di dare nuovo valore ai propri dipendenti attraverso un percorso di conoscenza e riconoscimento reciproco.

 

1. Il percorso di Internal Branding di Philips: il progetto Simply Xpress
Attraverso il progetto Simply Xpress, Philips ha scelto di introdurre nella propria azienda un processo di formazione del personale capace di creare un filo diretto fra lavoratore, azienda, i suoi valori e il significato del brand rappresentato sia all'esterno ma anche all'interno delle mura lavorative.

 

Alla base di questo progetto è stato sottolineato uno dei principi cardine di una strategia di internal branding, ovvero la possibilità di predisporre per il lavoratore un ambiente altamente consono alle sue attività e mansioni, pronto a rispondere da un lato e dall’altro a interpellare con continui stimoli la mente.

 

Dare un senso all'operato di Philips, ai cinque settori di produzione che la contraddistinguono e all'identità societaria (veicolata dal pay off “sense and simplicity”) attraverso la trasmissione di informazioni e atteggiamenti capaci di indurre il dipendente a prenderne parte, e soprattutto a sentirsi parte, della macchina produttiva: questa la logica di base che è stata studiata ad hoc.

 

Si nota così come l’Internal Branding si sposi in modo sempre più funzionale con le dinamiche organizzative; esso consente quindi di allineare al meglio business strategy e job function.

 

La concretizzazione di tali elementi teorici ha permesso al progetto Simply Xpress di articolarsi in focus tematici facenti capo principalmente al marchio Philips e conseguentemente al suo approfondimento attraverso attività e momenti di relazione e scambio creativo. Sono stati coinvolti l’89% dei dipendenti in Nord America dislocati in 14 sedi Philips.


Ecco quindi che, comunicazioni personalizzate, massima attenzione verso il marchio e il suo posizionamento sul mercato e un'attenta strategia di business hanno permesso di introdurre in Philips una logica basata sulla volontà di allineare gli obiettivi d'impresa alla funzione del lavoro.

 

All'interno di questo progetto di crescita, sono state investite molte energie per implementare una comunicazione e un dialogo orizzontale fra manager e dipendenti,  partendo dal presupposto che è diventato “obbligatorio” ormai scardinare il superato modello verticistico, che per sua natura ha marcato le differenti posizioni e ruoli di ogni collaboratore aziendale.

 

Tra i risultati ottenuti, raccolti in una survey successiva agli interventi fatti, il 91%  dei dipendenti ha dichiarato l’esperienza come “preziosa”; sono stati registrati due importanti incrementi: un aumento del 30% nei riguardi della comprensione della brand position e del 15% della consapevolezza della conoscenza del prodotto aziendale.


 

A cura di

Patrizia Musso

Fondatrice di brandforum nel 2000

Direttore Responsabile del sito dal 2001

Professore incaricato del corso annuale di Storia e linguaggi della pubblicità (Facoltà di Scienze Linguistiche, indirizzo in Lingue, comunicazione e media) presso l'Università Cattolica di Milano dove insegna sin dal 1997 (temi: Comunicazione d'impresa interna ed esterna, corsi di laurea Triennali e Magistrali, Fac. Scienze Linguistiche, Fac.Sociologia, Fac. di Economia e Commercio). Presso il medesimo Ateneo sin dal 1993 svolge altresì attività  di ricerca. Dal 2009 insegna altresì Forme e strategie della comunicazione digitale presso il Master in 'Comunicazione, marketing digitale e pubblicità  interattiva' promosso in collaborazione con IAB Italia.

Dal 2014 è Direttore Didattico del Master in Account & Sales Management, Università Cattolica di Milano.

Dal 1998 al 2017 ha collaborato con varie Università ed Enti di formazione ( docenza di Promozione della marca all'Università  IULM di Milano, docenza di Brand communication presso Master IED - area Comunicazione, Marketing & Pubblicità (sede Milano), docenza di Branding e Fenomenologia dei media presso la sede IED di Torino).

Vanta altresì una consolidata esperienza nel settore della consulenza strategica applicata alla comunicazione di marca e d'impresa (esterna e interna) e in quello della formazione aziendale. Dal 1998 al 2004 è stata ricercatore e senior trainer presso la società internazionale Arkema con sede a Parigi di Andrea Semprini, occupandosi di formazione strategica e di ricerche semiotiche applicate al brand  (tra i clienti Barilla, MaxMara, Manzoni ADV).

Dal 2005 opera come free-lance per realtà aziendali prestigiose, collaborando al contempo su specifici progetti di consulenza e formazione strategica con quotati enti e società del settore. Ha collaborato in varie occasioni con l'istituto di ricerca S3Studium come esperto in una serie di indagini Delphi, tra cui 2010: IL VOLTO DELL’ITALIA. Come evolverà il valore intangibile del “made in Italy” e della “Marca Italia” (Coordinamento scientifico Domenico De Masi e Innocenzo Cipolletta, ottobre 2006).

Dal 1993 è autrice di numerosi volumi e saggi dedicati alla comunicazione d'impresa e alla brand communication, tra i più recenti: 
nel gennaio 2017 ha pubblicato la nuova edizione aggiornata e ampliata Slow brand. Vincere imparando a correre più lentamente

Nel 2018, con Alessandra Olietti, ha scritto il volume per FrancoAngeli Turismo digitale. In viaggio tra i click

Nel 2020, con Maria Luisa Bionda, ha curato il volume per FrancoAngeli Brand Renaissance. Nuove tecniche per rivoluzionare la comunicazione organizzativa

Da gennaio 2014 a settembre 2015 è stata membro dell'Advisory Board dell'OBE - Osservatorio Branded Entertainment.

Dal 2017 è Direttore Scientifico di OBE, e cura la rubrica sul Branded Entertainment sulla testata NC-Nuova Comunicazione

Dal 2016 è membro del Council SuperBrands Italia

Nel giugno 2015 ha dato vita alla I edizione dell'evento Slow Brand Festival, in collaborazione con l'Associazione Vivere con Lentezza e la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Dal giugno 2018 l'evento si tiene con la collaborazione anche di ALMED - Alta Scuola in Media, Comuncazione e Spettacolo - dell'Università Cattolica di Milano.

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