La “creattività”di Ugo Nespolo artista “filosofo”
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La “creattività”di Ugo Nespolo artista “filosofo”
14/03/2019

Claudia Cagliano, Docente IED Torino, Guest di Brandforum.it
C’è un momento in cui la marca, frutto di industrializzazione, entra nell’arte: il di-marca come apprezzamento merceologico e quasi estetico, che va a sostituire lo stile come segno caratteristico dell’artista.

Del rapporto e della contaminazione tra arte, cultura, filosofia, pubblicità si è indagato in modo approfondito in occasione del conferimento della Laurea Honoris Causa in Filosofia all’artista Ugo Nespolo – da parte del Rettore dell’Università di Torino, prof. Gianmaria Ajani – “per una attività artistica che, sull’arco di mezzo secolo, si è appoggiata a una robusta riflessione teorica da cui ha tratto ispirazione, varietà e nutrimento”1.

 

Mi sono fatto l’idea – ha declamato Nespolo nella sua Lectio Magistralis “Et in Academia Ego” – che la stessa figura dell’artista non possa e debba essere altro che l’insieme di un qualche talento legato ad un individuo che deve aver da fare con la cultura, forse qualcuno che lavora all’ombra di teorie e teorici, di progetti e pensieri per rifuggire l’idea peregrina del naïf di genio e che l’opera possa essere soltanto il frutto casuale della sua mano”.

 

 

Nespolo: l’arte e la pubblicità.
L’arte del maestro Nespolo, basata su forme geometriche minimaliste e colorate, è stata definita come l’apoteosi del mondo delle pubblicità degli anni Cinquanta americani: un periodo di grandi sogni fissato in un istante senza tempo, in una sorta di immagine utopica; la realtà descritta da Nespolo è ostentatamente infantile, ingenua, ancorata a dei valori che sono assolutamente puri perché sottratti allo scorrere del tempo.
La fede di Nespolo nell'incontro tra la cosiddetta Arte Alta e Bassa l’ha portato a un'intensa attività col mondo reale, alla collaborazione con aziende come FIAT, Renault, Ducati, Piaggio, Ferrari, Swatch, Campari, Kraft e con iniziative trasversali legate al mondo del branding come Superbrands (il programma di aggregazione delle eccellenze di marca, che celebra le loro storie di successo, le certifica con il “Golden Seal” e assegna i prestigiosi “Superbrands Awards”).

 

(Ph. Cele Bellardone)

 

 

Mass media, globalizzazione e individualismo: il paradosso contemporaneo.
Non siamo mai stati così diversi, così individuali (anche troppo) quanto nell’epoca della globalizzazione e della pretesa massificazione. Di questa meravigliosa molteplicità e individualità Nespolo è stato ed è il felice e convinto poeta, anche nel senso etimologico del “fare”, del “produrre” (Laudatio introduttiva del Prof. Maurizio Ferraris).

 

 

Ugo Nespolo – artista postmoderno
Celebre esponente contemporaneo del “variegato mondo delle Belle arti”, con una visione internazionale del pensare e fare arte lungimirante e innovativa, postmoderna, il Maestro Nespolo ha riassunto in sé, tra Arte Povera2 e Pop Art – caratterizzata dalla scelta di soggetti e temi legati all’iconografia e alla cultura di massa e di stili e tecniche stereotipate come quelle della grafica pubblicitaria, dei fumetti, della fotoserigrafia – un secolo di Avanguardia – il cui dettato era “portare l’arte nella vita” – con un percorso creativo poliedrico, che ha mescolato diversi mezzi espressivi spaziando dalla pittura e scultura, al teatro e alla scenografia, passando per il cinema, il design e la tv, gli spot pubblicitari e le videosigle Rai (come “Indietro Tutta” con Renzo Arbore), sperimentando tecniche (ricamo, intarsio, puzzle) e materiali inconsueti (alabastro, ebano, madreperla, avorio, porcellana, argento), con un filo conduttore: il colore abbinato alle forme sempre imprevedibili e quasi oniriche, che invitano l’osservatore a una lettura libera e fantasiosa.
Le sue opere sono state esposte in numerose gallerie e Musei in Italia e nel Mondo3.

 

(Ph. Cele Bellardone)

 

 

Ugo Nespolo – “il creattivo” per eccellenza
La sua produzione a carattere concettuale ha modificato profondamente la visione della realtà e si caratterizza per un’accentuata impronta ironica, trasgressiva, per un personale senso del divertimento, che ha rappresentato sempre il suo marchio di fabbrica.
Nespolo ha cercato di praticare l’eclettismo permanente e l’ironia ripensando alcuni atteggiamenti – liberi di trasgredire – patrimonio degli artisti delle storiche Avanguardie, Futurismo Surrealismo e Dada: dal cinema sperimentale, in cui c’è un riflesso del cinema surrealista, a Fluxus come sorta di gesto artistico di sovversione individuale – arte dell’insignificanza.

 

Promotore del Cinema di Ricerca in Italia, a seguito del suo incontro con gli artisti del New American Cinema (Jonas Mekas, Warhol, Yoko Ono, P. Adam Sitney)4, i suoi film sono stati proiettati e commentati nei maggiori Musei del Mondo (in Francia al Centre Pompidou “Nespolo – le cinema diagonal”).
Nel 1968 a Torino realizza una serie di mostre, incontri ed eventi tra cui il primo Concerto Fluxus Italiano dal titolo “Les mots et les choses” con Ben, Boetti e altri autori. Al taglio colto, Fluxus oppone una sorta di ironia estetica della marginalità, fatta per lo più di scarti, di frammenti della stupidità e della banalità, vera opposizione alla respectable culture e all’intrattenimento borghese verso una cultura davvero democratica, post-dadaista: artisti pronti a mettere in dubbio se non in ridicolo l’arrogante concretezza mercantile e le sue arbitrarie scelte.

 

Ada Merini lo definisce “il pittore che si identifica solo con se stesso, irripetibile”, il New York Timesun marziano della pittura a New York”. Il Prof. Ferraris lo celebra come il “creattivo” per eccellenza, che crea solo reagendo, a contatto con l’attrito del reale, pratica quella che l’esteta Luigi Pareyson ha definito “formatività”: il fare artistico trova le proprie regole in corso d’opera e a confronto con l’opera.

 

 

Nespolo da Mosso (Biella) e Leonardo da Vinci: analogie.
In proposito si evidenzia come l’arte di Nespolo sia innervata da alcuni elementi di continuità con il maestro Leonardo da Vinci:

1. l’arte come lavoro eminentemente manuale che richiede le giuste competenze tecnico-artigianali, da cui discende una cura maniacale dei dettagli che caratterizza tutte le opere, gli oggetti-arte di Nespolo (arte-oggetto vs arte-forma), magnifici gadget che allietano le nostre giornate, interagendo con noi con una presenza sonora quasi eloquente: sono forse le opere esposte a guardare l’osservatore e non viceversa.

 

2. la Factory di Nespolo (studio in Via Susa a Torino) come antica bottega dei mestieri, nonostante le tecnologie all’avanguardia. Il genio artistico di Nespolo è anzitutto diligenza, meticolosità dell’esecuzione. In lui c’è una perfetta integrazione tra visione iniziale (idea dell’opera), strumenti e persino materiali, dove il momento di genio è immediatamente sostanziato dalla competenza tecnico-esecutiva (cfr: “L’incantamento dell’arte nell’opera di Nespolo si trasforma immediatamente in lavoro”, fondato su pura fedeltà e invenzione, cronaca e favola – Furio Colombo).

 

3. ogni opera del demiurgo-Nespolo è un oggetto allo stesso tempo profano e salvifico – una sorta di prezioso talismano, con cui affrontare le brutture del mondo odierno rifacendo il mondo senza lesinare in forme e colori, permettendo a ogni singolo oggetto di scomporsi o riconfigurarsi in modo libero, giocoso e spensierato secondo la logica del puzzle – la vera anima compositiva dell’opera di Nespolo, arte che ha a che fare con una riconfigurazione complessiva del reale, ricomposizione conforme a un gioco sottoposto a rigorosi criteri cromatici e compositivi.

 

 

Nespolo e la Patafisica
Nespolo è attualmente la più “alta autorità” italiana in tema di patafisica: la “scienza delle soluzioni immaginarie” – inventata da Alfred Jarry – detta anche scienza del particolare, perché si occupa delle leggi che reggono le eccezioni e che si sofferma sul fatto accessorio, spiegandolo attraverso la scoperta di un universo supplementare al nostro. La patafisica è intesa come Filosofia, eudaimonía – quella sorta di felicità descritta da Aristotele.  Lo spirito patafisico contraddistinto da un atteggiamento fantastico, anarcoide, ironico, sarcastico, libertario, aperto al paradosso e alla provocazione creativa e animato da una spiccata propensione all’irrisione per ogni forma di conformismo e rispettabilità borghese5.
 

 

Arte, Commodity, Marca
Nespolo ha parlato di un mondo dell’arte destabilizzato, (citando il filosofo Mario Perniola – a seguito del tentativo di rinnovarsi continuamente attraverso mode più o meno effimere, di mantenere il sistema dell’arte sotto lo stretto controllo di alcuni mercanti e collezionisti e la complicità di qualche Istituzione) – l’attuale grigia waste land – di occultamento delle teorie e scomparsa dei teorici, di movimenti, gruppi e persino affinità e tendenze, in cui l’artista è solo a caccia di indicazioni, di pensieri guida che non siano quelli del diabolico mercato e le opere d’arte sono soltanto feticci, operazioni mediatiche per trasformare gli artisti in divi dello spettacolo, la notorietà è basata sulla marca (cfr: sulla falsariga della Pop Art, idea che l’arte potesse essere fatta da tutti, attraverso azioni minime come sottrarre un oggetto dal suo contesto per utilizzarlo introducendolo nel regime estetico, dissolvere l’aspetto fisico dell’opera in un mero flusso comunicativo, delegare agli artigiani l’esecuzione effettiva di un progetto o addirittura smaterializzare completamente l’opera dissolvendola in una frase, un’idea, un concetto).

 

(Ph. Cele Bellardone)

 

Il valore artistico delle opere è fissato dal prezzo secondo l’assioma del ciò che più costa più vale (“The good business is the best art” di Andy Warhol): vendere opere d’arte contemporanea equivale ai traffici immobiliari e finanziari, si può vendere qualsiasi cosa anche “il quasi niente”. L’Arte è trasformata in un bene rifugio, un asset class, un aggregato, una commodity “come soia, cacao, bulk chemicals, nichel, gas naturale, maiali”.
Sul piano culturale la violenta reificazione del far arte tende a relegare gli artisti a pallidi impotenti comprimari: l’artista cosciente vive il tormento di trafficare all’ombra di un mestiere evaporato, soffocato da un senso di velleitarismo e d’impotenza, con un doloroso stato di inadeguatezza e la scomparsa dell’eroico volontarismo creativo.

 

 

La marca e l’arte: il trionfo degli “asset intangibili” (dalla Laudatio del Prof. Maurizio Ferraris)
Nel Settecento l’arte è un sottoinsieme identificato dalla bellezza e unificato dalla imitazione. A metà Ottocento, con l’entrata in scena delle macchine, a cui toccano attività ripetitive, “il fatto a mano” diviene obsoleto; con l’avvento della fotografia e della riproducibilità tecnica l’artista deve trovare strategie personalizzate (dipinge le sue impressioni, dipinge astrazioni o, attraverso un’invenzione concettuale, l’artista – come trasfiguratore della cosa – ricontestualizza oggetti comuni facendoli divenire opere d’arte (cfr. Duchamp – Fountain  un orinatoio in una galleria) o ironizza su opere del passato (cfr. Gioconda con i baffi di Duchamp). Nel frattempo “ritiratosi dalle gallerie, il bello riappare nei supermercati” o al cinema, da cui si trae ispirazione (cfr. Marylin su fondo oro divinizzata di Andy Warhol).

 

L’arte di avanguardia del Novecento non è più associata alla ricerca della bellezza in tutte le sue forme, bensì al tentativo di creare un nuovo pensiero per un oggetto, di stilare un nuovo contratto con il fruitore. L’opera è cosa e la cosa è per lo più merce, identificata da tre processi: beautification (l’opera deve essere bella), beatification (le merci sono come feticci, i centri commerciali sono le basiliche contemporanee  in cui si commerciano asset intangibili), brandification (la marca, frutto di industrializzazione, entra nella storia e nell’arte, contraddistingue la specie come lo stile era segno caratteristico dell’individuo artista, il brand della merce diviene il sostituto della firma dell’artista).

 

Negli ultimi decenni l’oggetto non basta più e dunque si punta sul design, che consiste nel prendere un oggetto la cui produzione è delocalizzata, automatizzata, e la cui funzione è sostanzialmente inutile (es. Moleskine – taccuino commercializzato nell’epoca del computer) e “creare un nuovo pensiero per quell’oggetto”. Oggi le merci sono trattate come documenti, come progetti, cade la differenza tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, tra tempo della vita e tempo del lavoro e la vita di chiunque è trasformata in quella di un artista. La differenza tra valore contabile e di borsa di un’azienda è determinato dagli “asset intangibili”: “il brand, il talento, la strategia”.
Nel caso di Nespolo invece la strategia che crea un nuovo pensiero per un oggetto non è pura ispirazione, puro spunto o pretesto.

 

(Ph. Cele Bellardone)

 

 

Cultura come Sfida per il futuro… dell’arte (e non solo)
Per emergere dal “rigido inverno della cultura” – nella definizione di Jean Clair – la sfida lanciata da Nespolo è quella di “pensare e fare arte, perseguire ancora la ricerca di qualche bellezza, il valore della capacità esecutiva, o illudersi dell’utilità della propria solitaria irriverenza verso gli obblighi di un sistema che esibisce le sue profonde lacerazioni”.
Compito dell’artista – che voglia lasciare un segno – è dunque quello di salvare il mondo dell’arte – banalizzato, che privilegia il commercio dell’arte – attraverso la cultura, la riflessione intellettuale teorica accompagnata dalla consapevolezza delle dinamiche economiche e sociali della realtà presente.

 

 

Si ringrazia lo staff di Superbrands Italia – Barbara Picollo, Sergio Tonfi e Paolo Cagliero – per l’invito all’evento di Claudia Cagliano come inviata speciale Brandforum. Il Maestro Ugo Nespolo ha realizzato in esclusiva per loro due cover del volume “Superbrands. Il libro delle grandi marche” (edizioni 2017 e 2018). Per maggiori informazioni https://www.superbrandsaward.it 

 

Claudia Cagliano – Docente a contratto presso IED Torino. Consulente di comunicazione e di formazione manageriale per aziende, agenzie, enti e associazioni no profit. Laureata in Filosofia presso Università Cattolica di Milano, con indirizzo in Comunicazioni Sociali, ha conseguito un Master in Comunicazione d’Azienda. Pubblicitaria, ha lavorato come Account in Network internazionali, gestendo progetti di comunicazione dal punto di vista strategico e operativo.
Photo credits: Cele Bellardone (b/n)

 

 

NOTE:

1. La cerimonia ha avuto luogo il 29 gennaio 2019 nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale con il seguente programma: a seguito del saluto del Rettore – “L’Università vuole essere la casa della scienza e dell’arte nel loro cammino di ricerca e innovazione”, la Presentazione del Direttore del Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione, Prof. Gianluca Cuozzo, e la Laudatio del Prof. Maurizio Ferraris, introduttiva alla Lectio Magistralis del maestro Ugo Nespolo “Et in Academia Ego”.

2. Germano Celant nel ’68 etichetta così gli atteggiamenti di un gruppo eterogeneo di artisti torinesi alla ricerca di una zona espressiva franca, autonoma e di sapore internazionale, la cui prima mostra manifesto è stata “Nove per un percorso” a Roma.

3. Alla fine degli anni Settanta fa parte della galleria Schwarz di Milano che annovera fra i suoi artisti Duchamp, Picabia, Schwitters, Arman, Baj). 

4. Documentato dalla mostra “Nespolo Cinema / Time after Time” al Museo del Cinema di Torino).

5. Istituto Patafisico Mediolanense fondato a Milano nel 1963 dal futurista Farfa e da Raymond Queneau; Nespolo con Enrico Baj ha fondato l’Istituto Patafisico Ticinese e a Torino il Turin Institute of Pataphysic.

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