Strappare un sorriso per regalare un sorriso: le campagne no profit
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Strappare un sorriso per regalare un sorriso: le campagne no profit
19/03/2019

Valentina Bossi, Network di Brandforum.it
Come le associazioni senza scopo di lucro sensibilizzano i consumatori utilizzando la chiave ironica. Con intervista a Paolo Ferrara (Responsabile Comunicazione e Raccolta Fondi della Fondazione Terre Des Hommes)

Su Brandforum abbiamo affrontato il tema dell’ironia in un paper dedicato, per riflettere sull’utilizzo della chiave comica per parlare di temi a volte delicati. In questo approfondimento andremo più a fondo, per studiare come l’ironia sia sempre più una strategia comunicativa vincente scelta anche da chi – solitamente si pensa – sia concettualmente lontano da questo tema: le associazioni no profit.

 


Le organizzazioni no profit, come la parola stessa esprime, non hanno scopo lucrativo. La loro pubblicità non ha l’intento di persuadere il consumatore nell’acquistare un prodotto o un servizio, ma mira a sensibilizzare gli utenti verso tematiche e problemi che interessano la società a livello globale e ad auspicare che questi, mossi da solidarietà o senso civico, prendano a cuore la questione e diano il loro contributo concreto alla causa.

 


Uno dei termini chiave quando si parla di no profit è “sensibilizzare”. Spesso, con l’intento di smuovere emozioni, queste associazioni utilizzano infatti immagini dure, severe, impressionanti per suscitare sdegno, pietà e al tempo stesso un senso di colpa. Una tecnica comune a molte di queste realtà che a volte si traduce in scarsa differenziazione ed eccesso di banalità del messaggio. Ahimè, gli spot tv con i consueti filmati di scene drammatiche di vita vera accompagnati da sottofondi musicali malinconici e frasi brevi e toccanti, più che un invito urgente ad agire, sono spesso un motivo per cambiare canale, per evitare che urtino troppo la nostra sensibilità.

 

Vediamo ora qui di seguito alcune campagne di associazioni no profit che hanno invece optato per un cambio di strategia di comunicazione, ricorrendo all’ironia con modalità diverse.

 

 


L’Africa lotta contro la fame e contro gli stereotipi degli italiani

L’Africa è povera, si sa. Ci chiediamo però se ancora oggi sia efficace utilizzare spot pubblicitari dai toni melodrammatici per ricordarlo. Forse no, e ActionAid sembra averlo capito, realizzando campagne ironiche, grazie a Simone e Ciro dei “The Jackal” e la genuina allegria dei bimbini africani. Proprio per lo scorso Natale, i due comici napoletani hanno realizzato “La campagna umanitaria definitiva ”, nella quale tentano, inutilmente, di insegnare ai bambini a mostrarsi tristi davanti alla telecamera perché, secondo le teorie, “alla gente piace la compassione”.

 

(Ph. The Jackal)

 


Lo spot è in realtà il secondo episodio della campagna “Aiutiamoli a casa loro” cominciata del 2017 . ActionAid sfrutta la duplice interpretazione dello slogan per lavorare (in modo ironico) sui più comuni stereotipi sugli immigrati, usati come arma per giustificare il desiderio di “rispedirli a casa loro”. L’ironia, figura retorica impiegata per far intendere il contrario, è qui utilizzata per promuovere le adozioni a distanza e permettere, così, l’accesso a beni e servizi primari, senza che le famiglie siano costrette a emigrare per sopravvivere.
 

(Ph. Amref)

 


Restando in Africa, anche il comico Giobbe Covatta è ricordato per il suo impegno verso il sociale con AMREF. Ad esempio, nello spot di Natale 2013, l’ironia diviene il mezzo per mettere in contrapposizione i paesi occidentali o “paesi dello spreco” (soprattutto durante le feste) con il terzo mondo e la mancanza di tutto, facendo leva sul tema del riciclo dei regali “poco apprezzati”.

 

 

Quando sono gli italiani ad avere bisogno di un sorriso
L’ironia non viene utilizzata solamente per sensibilizzare sulle cause umanitarie internazionali. In Italia, ad esempio, sono tante le associazioni che si battono per trovare cure e sostegno per le famiglie affette da patologie per le quali la ricerca medica ha ancora molta strada da percorrere. Alcune, come FamiglieSma, adottano la tecnica dell’ironia per farsi conoscere e ricordare (spot “Facciamolotutti” 2016 e 2017). La scelta del protagonista ricade ancora una volta su un popolare testimonial, in questo caso Checco Zalone.  Il comico pugliese, che rimane pungente e sfacciato anche quando si tratta di una questione tanto seria quanto la ricerca sull’Atrofia Muscolare Spinale, è riuscito a trasformare la campagna in un enorme successo (il primo video ha raggiunto più di  1 milione di visualizzazioni YouTube e €250.000 di donazioni). Nella campagna, Zalone incontra Mirko, paziente SMA che abita nel suo stesso condominio, “colpevole” di essersi appropriato del suo parcheggio sotto casa preferito. Va in scena la gag dell’assurdo, con Zalone che non compiange il bambino e la sua “sfortuna”, ma anzi si approccia a lui come a qualsiasi altra persona.

 

(Ph. FamiglieSma)

 

Perché Mirko come tutti gli altri malati sono prima di tutto “persone”: cittadini con diritti e doveri, vicini di casa, parenti, amici, compagni di classe… Persone da considerare innanzitutto come tali, prima che come eterne vittime, compiante, sì, ma sempre un po’ fuori dal centro della società. Ed è proprio questo l’intento della campagna: normalizzare e rendere reale una malattia che tendenzialmente si preferisce pensare lontana dalla propria dimensione quotidiana.

 

 

I rischi da assumersi
Quando si tratta di temi cari alla sensibilità sociale, la decisione di utilizzare una pubblicità ironica risulta particolarmente delicata: il tono del promo, la finalità del messaggio, il tipo di ironia da adottare… Tuttavia, la creatività e un’attenta strategia di marketing non andrebbero sottovalutate.
Gli utenti, infatti, sono più propensi ad intercettare gli stimoli in contrasto con il frame interpretativo. Si direbbe che un comico che fa la sua gag anche durante un promo per il sociale “non si è mai visto, è scorretto, è immorale”. E chi si scopre a ridere sommessamente si sente in colpa perché, invece, la pubblicità “impegnata” del passato ha insegnato che provare angoscia o commozione non solo è giusto ma doveroso. 
Eppure, probabilmente anche restare inchiodati al solito tracciato fatto di convenzioni, regole non scritte e tabù da rispettare può essere rischioso. Il rischio di essere trascurati o dimenticati, per esempio. Così come il rischio di non riuscire più a richiamare l’attenzione delle generazioni attuali.

 

 

Abbiamo interpellato Paolo Ferrara (responsabile Comunicazione e Raccolta Fondi della Fondazione Terre Des Hommes), per raccogliere un parere sul tema di questo nostro approfondimento: “Boumil Hrabal, parlando dell’ironia la definiva come qualcosa di molto vicina all’incomprensione. Ci si può ovviamente giocare su questo spostamento dal significato comune, ma funziona nella comunicazione sociale? Credo che dipenda dal tempo, dal contesto e dalla misura. Il tempo, perché l’ironia è comprensibile all’interno e affianco a date, anniversari, fatti di cronaca che ne rendono possibile la comprensione e quindi l’effetto di iniziale straniamento e successivo riconoscimento e quindi adesione. Il contesto, che è culturale e appartiene a una comunità, ma è anche legato a mode, entusiasmi o rabbie. Il contesto ne permette la comprensione, ma ne influenza anche la lettura positiva o negativa e quindi l’accettazione o il rifiuto. La misura, perché il messaggio nella comunicazione sociale non può diventare né offensivo né aggressivo e, soprattutto, non può spiazzare a tal punto da rendere difficile l’innesco emotivo che è fondamentale all’azione. Questi tre fattori agiscono insieme a tal punto che anche lievi sfumature di messaggio o tempistiche leggermente differenti ne possono influenzare sensibilmente il risultato, come è successo anche a campagne che ho gestito direttamente (come Costumi da Favola, passata dal successo al quasi epic fail. Ma questa è una lunga storia..)”.

 

(Ph. Terre Des Hommes)

 


Per ulteriori info: https://terredeshommes.it/comunicati/questo-carnevale-scegli-un-costume-da-favola/
 

Valentina Bossi, laureata in Lingue, Comunicazione e Media presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Attualmente frequenta un Master in Marketing e Advertising nel Regno Unito.
valentinabossi95@gmail.com

 

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