Qual è l’innovazione che porta al successo (per i retailer)?
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Qual è l’innovazione che porta al successo (per i retailer)?
01/04/2019

Il convegno Retail Innovations 14 apre il dibattito su cosa vuol dire essere retailer innovativi oggi grazie alle presentazioni dei casi aziendali. Nella società di oggi siamo pervasi dal digitale: fondamentale è la sua integrazione nel fisico sotto certi aspetti, ma non per forza il suo utilizzo implica essere innovativi.

A volte siamo convinti che innovazione sia sinonimo di tecnologia. Nella società di oggi siamo pervasi dal digitale, fondamentale è la sua integrazione nel fisico sotto certi aspetti, ma non per forza il suo utilizzo implica essere innovativi.

Il convegno Retail Innovations 14, tenutosi recentemente a Milano, apre il dibattito su cosa vuol dire essere retailer innovativi oggi grazie alle presentazioni dei casi aziendali di Isola dei Tesori, Conad Adriatico, Lanieri, Nova Coop, OVS, Flying Tiger Copenhagen, Huawei e alle testimonianze dei partner Side, Toshiba e Promotica.

Innovazione significa ripensare l’esperienza del cliente in modo intelligente, e le tecnologie sono dei mezzi che ci aiutano a raggiungere questo obbiettivo, ma è molto importante l’innovazione che possiamo fare con o anche senza tecnologia.

 

Armando Garosci, giornalista di Largo Consumo spiega che, “essere innovativi vuol dire anche saper rispondere a una società che cambia molto velocemente, e il retail deve farsi carico di quei nuovi bisogni di una società sempre più complessa, che necessita un punto vendita sempre più specializzato”. Pertanto diventa cruciale focalizzarsi sulla persona, capire come il consumatore vive la shopping experience e migliorarla all’interno del retail.

Ancora una volta la relazione umana diventa fondamentale nel processo di customer journey e lo dimostrano in particolare i casi portati da Nova Coop Conad. Si può integrare il digitale all’interno dello spazio fisico, ma con la presenza fisica, quindi senza de-umanizzare il punto vendita. Oggi, secondo Garosci, “shopping experience vuol dire razionalizzare l’esperienza, perché non basta perseguire l’effetto “wow”, bisogna investire sul personale, fornire quindi strumenti di assistenza e soprattutto conferire autonomia di decisone al cliente”.

Retail renaissance

Come chiarisce Fabrizio Valente, partner fondatore di Kiki Lab-Ebeltoft Italy, “bisogna capovolgere il modo di pensare tradizionale, ed è questo che dobbiamo fare oggi, in un mondo in cui tante cose sono cambiante e continuano a cambiare velocemente, dobbiamo cambiare il nostro approccio nel retail”.

 

(Ph. Chiara Penasa)

 

Sebbene sia difficile la sfida che si presenta oggi per i retailer, ci sono testimonianze interessanti come il caso italiano di Lanieri, capace di creare una esperienza seamless completamente integrata tra offline e onlineSi è evoluto da e-commerce a showroom, introducendo una strategia omnichannel, a dimostrazione che il contatto fisico con il cliente è ancora molto importante e che non esisterà solo l’e-commerce. Il negozio non si vive più come un luogo di acquisto ma come un luogo conviviale dove condividere interessi comuni, come Patrizia Musso, Direttore di Brandforum, ha teorizzato nelle sue prime ricerche sullo Slow Space già nel 2013 (cfr Slow Brand: https://www.francoangeli.it/Ricerca/scheda_libro.aspx?CodiceLibro=270.2). Ne è un esempio il flagship store Huawei di Milano, che diventa un luogo dove condividere le proprie passioni attraverso l’uso di smartphone e tablet.

Da un semplice blog o social network sono nate nuove start-up, che hanno creato community di clienti fidelizzati, si sono evolute in e-commerce e successivamente in pop-up temporay store per diventare infine store offline. Sono i casi di successo americani HUDA beauty e Glossier, a dimostrazione che oggi un’azienda può nascere dal nulla e avere successo. I social media oramai sono diventati piattaforme commerciali come Instagram, dove avvengono acquisti di impulso e si ha accesso immediato alle informazioni su qualsiasi tipologia di prodotto. Nei punti vendita la creazione di spazi instagrammable diventano un modo per attirare clienti e per pubblicizzarsi gratuitamente.

Nascono nuovi store del futuro che al loro interno hanno una componente umana insieme a una componente robot; vi è inoltre già la possibilità di interagire con le macchine attraverso il sistema vocale (Zero User Interface). I negozi sono dotati di tecnologie RFID, oppure di totem digitali, ne è un esempio MySize di OVS.

(Ph. OVS)

La manifattura digitale è un altro tema molto interessante. Grazie alle tecnologie digitali si possono produrre molti prodotti a costi ridotti con una strategia just in time, producendo quello che serve, senza bisogno di magazzini, i quali si trasformano in spazi virtuali infiniti.
Si parla sempre di più di una delivery society a partire dalla generazione dei Millennials. Sono un segmento interessante, clienti che preferiscono essere tracciati nei loro comportamenti piuttosto che perdere tempo, e dunque sono propensi a rinunciare alla privacy delle loro informazioni. Il ruolo della tecnologia oggi è sempre più importante anche nella raccolta delle informazioni sui consumatori.

É un esempio Side, azienda made in Italy nel settore lighting con soluzioni personalizzate, costruisce nei retail un design intelligente. La luce su misura diventa luce che misura, raccogliendo informazioni sui consumatori con il fine di elaborare strategie di marketing. Anche Toshiba è uno dei player che aiuta i retailer a realizzare migliori strategie di marketing raccogliendo informazioni relative ai consumatori, analizzando i loro stili di vita. Il punto vendita si sta digitalizzando, tuttavia bisogna riuscire a intercettare anche quelle persone che non sono iper-digitali.

Kiki Lab osserva

É importante per noi spendere tanto tempo nei negozi, avere la capacità di viverli. Occorre avere uno sguardo bifocale, ovvero un occhio del consulente per capire i processi che stanno dietro le scelte retail, e poi l’occhio del consumatore. Ci mettiamo nei panni del cliente, perché alla fine è sempre il cliente, e la sua esperienza che determina il successo o meno di un concept”, Fabrizio Valente.

L’osservatorio di ricerca Kiki Lab ha selezionano, tra tanti altri, un gruppo di 45 casi da 16 paesi, i più interessanti e trasversali; da questi ultimi sono emerse 5 tendenze: down-sizing, up-sizing, ominiexperience, engagement, e per finire lo smart shopping.

Il fenomeno di downsizing, consiste nella riduzione degli spazi fisici, e in tal modo i retailer si concentrano in luoghi più piccoli. Si assiste a un ritorno nei centri urbani, dove le persone preferiscono sempre di più fare acquisti. Inoltre grazie al digitale si può offrire di più in uno spazio fisico più piccolo. Questo permette di migliorare l’assistenza al cliente attraverso servizi personalizzati, quali personal stylist aiutando il cliente con un servizio di consulenza anche nel processo omnichannel.

Molti retailer offrono un sistema click & collect in giornata, con il quale il cliente prima comunica cosa vuole e poi lo ritira in negozio. I clienti possono essere serviti anche senza scendere dall’auto, facendosi consegnare le shopping bag direttamente in auto come dimostra il caso francese E.Leclerc drive piéton. Il negozio ha una media di 50m² nei quartieri centrali delle città ad alto traffico, il cliente ritira quello che ha ordinato a un prezzo minore del 17% rispetto agli altri negozi del centro.

Ciononostante si continuano a osservare casi di up-sizing, negozi che hanno scelto format più grandi per dare un’esperienza indimenticabile al consumatore. Lo dimostra L&T Sports, un flagship store enorme situato nella cittadina di Osnabrück nel nord della Germania, il quale offre molti servizi, dalla palestra innovativa, che simula l’esperienza del trekking a tremila metri, alla piscina interna con onde artificiali per simulare il surfing. Un concept straordinario a tal punto che i clienti organizzano mini vacanze pur di tornarci. Ci sono inoltre grandi player del mondo e-commerce come Alibaba, che sceglie di aprire il primo centro commerciale urbano, More Mall, una struttura con 40000 m² di superficie.

 

Ai retailer è stato chiesto di ideare concept innovativi al loro interno integrando strategie omnichannel. Guess per esempio ha reso un servizio nuovo consentendo al cliente la creazione del suo avatar personale per provare i vestiti. Inoltre Alibaba ha inserito spazi appositamente per influencer riconoscendone l’importanza. Sempre appartenente al gruppo Alibaba, fa parte Hema, premiato da Kiki Lab come il caso più innovativo dell’anno. Le innovazioni di questo concept store sono il modo con cui le informazioni sul prodotto vengono date al cliente attraverso i totem. Vi è quindi grande digitalizzazione ma anche grande fisicità. Nel reparto pescheria il cliente sceglie il prodotto direttamente dall’acquario, lo pesa e lo paga, oppure può farlo anche cucinare in una zona adibita. Ma la vera innovazione è il metodo di pagamento tramite Alipay; difatti le carte di credito in Cina sono oramai obsolete. Inoltre sono presenti dei pick-up point, quindi il cliente ordina online e in pochi minuiti gli addetti prendono la spesa e in modo "teatrale" i sacchetti vengono ritirati dai consumatori. Nella zona ristorazione il cliente ordina il prodotto in autonomia, e viene servito dai robot, tranne che per alcuni piatti specifici dove ci sono gli addetti. Dunque rimane sempre importante la componente umana.

 

Il cliente va coinvolto in un processo esperienziale attraverso la polisensorialità, la co-progettazione, lo storytelling comunicando i valori dell’azienda, in modo che i clienti diventino spontaneamente dei brand ambassador.

Caxabanca, importante banca spagnola, ha pensato di avvicinarsi al segmento dei Millennials, aprendo un concept store su tre piani, con caffetteria e spazi di co-working per community, pubblicizzando i servizi della banca per i giovani. Il tema green e della sostenibilità dell’ambiente sono molto sentiti nella società odierna. In Spagna Ecoalf, progetto nativo digitale, ha lanciato il suo e-commerce, e successivamente ha aperto negozi a Madrid e a Berlino, con superfici medie di 2500 m², vende in vari paesi e in oltre 400 milioni di negozi multibrand. Produce abbigliamento ricavato dalla plastica raccolta nei mari e comunica tematiche legate all’ambiente, dunque il cliente compra un prodotto ma sposa anche una causa. I prodotti hanno informazioni al loro interno su quanto il cliente sta riciclando.

 

Ultima tendenza è quella dello smart shopping, fortemente legata al concetto del tempo. Necessitiamo negozi liquidi che si possano adattare alle nostre esigenze e pertanto dobbiamo creare negozi che permettono al cliente di potersi orientare in autonomia in base al tempo che ha a disposizione.
Tmall Automated Supermarket sempre del gruppo Alibaba è un interessante caso di smart shopping. Ha creato un sistema di promozione e sconti per i clienti, laddove il prodotto è scontato di più se si sorride tanto.

(Ph. Chiara Penasa)

 

Il negozio francese Boulanger, invece, ha creato uno urban store per elettrodomestici che si possono provare sul momento. In una atmosfera accogliente si vendono solo i best seller, le novità, attraverso un sistema digitale si visualizzano le recensioni e i like che il prodotto riceve in tempo reale. É presenta la zona caffè e il personale si chiama “coach”.

 

In definitiva, i negozi continueranno ad esistere, ma per essere innovativi dovranno trasformarsi, tenendo conto delle nuove tecnologie, dei cambiamenti nella società, dei fattori tempo e qualità, quest’ultima non solo relativa ai prodotti ma anche alle relazioni con le persone.

A cura di

Chiara Penasa

Ho conseguito la laurea triennale in Mediazione Culturale presso il polo di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Udine. La passione per le lingue straniere negli anni mi ha condotto a esperienze di studio e lavoro all’estero. Al momento sono iscritta al corso magistrale in Comunicazione integrata per le imprese e le organizzazioni. Di recente mi sono interessata al settore retail, diventato argomento principale della mia ricerca di tesi. 
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