Esplode tra i giovani smart worker il trend dell’abbigliamento “conformal”
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Esplode tra i giovani smart worker il trend dell’abbigliamento “conformal”
14/09/2020

GIOVANI

Una ricerca pubblicata dall’Harvard Business Review dimostra che 8 giovani su 10 scelgono un dress code business anche per lo smart working, in quanto il look business professional è il prediletto da chi vuole apparire esperto agli occhi di clienti e colleghi.

Esplode il trend dell’abbigliamento “conformal”, l'ultima tendenza a dettare legge in ambito lavorativo che unisce la sicurezza in se stessi (in inglese confident) agli abiti formali. Se per alcuni il pigiama è stato il grande compagno delle settimane di lavoro da remoto, sono tantissimi coloro che hanno riscoperto l’importanza degli abiti formali per vedersi più confident e, di conseguenza, far fronte a stress e incertezza per il futuro.

 

Come dimostra uno studio pubblicato dall’Harvard Business Review, un look professionale risulta essere il preferito per chi desidera apparire esperto agli occhi di clienti e colleghi, anche per quanto riguarda le videochiamate. Fra gli over 60 la percentuale di chi sceglie un abbigliamento formale da remoto è addirittura del 46% ma, a differenza di quanto si possa pensare, il trend riguarda da vicino anche le nuove generazioni. Per impressionare positivamente i propri interlocutori, infatti, sono ben 8 su 10 i giovani che optano per un dress code business anche su Skype e Zoom.

 

 

In videochiamata, i vestiti sono infatti considerati uno degli elementi più importanti per fare bella figura, secondi solo al background. Infine, per il 39% degli intervistati oltre al tipo di vestito è il colore scelto a giocare un ruolo fondamentale: da quelli brillanti per sembrare più affidabili (33% degli intervistati), ai toni neutri per apparire esperti (74%), fino alle fantasie per dare l’idea di essere innovativi (34%).

 

 

La passione per il “conformal” è arrivata anche in Nuova Zelanda, come racconta The Guardian: dall’isola dell’emisfero australe è partito infatti il fenomeno del #formalFriday, in totale controtendenza con quello in auge da qualche anno a questa parte che prevede di indossare abiti casual il venerdì. Ed è così che in tantissimi hanno iniziato a postare le loro foto sui social vestiti di tutto punto, tanto che questo hashtag conta oggi oltre 37 mila post.

 

Anche Giovanni Maria Conti, docente di Storia e Scenari della Moda presso il Politecnico di Milano, è intervenuto sul tema, affermando che “l’abito formale da sempre pone chi lo indossa sotto una luce diversa; comunica maggiore rispetto e quindi ‘distanza’ in rapporto a modi di fare più amicali. Dona autorevolezza e determina comportamenti più ricercati”. E sul cambio di paradigma innescato dalla pandemia aggiunge: “Il lockdown ci sta portando a nuove o rinnovate soluzioni di abbigliamento; credo che il #formalFriday sia la risposta al fatto che ci si voglia ‘dare attenzione’, prendersi cura di sé indossando abiti di un certo tipo, belli”.

 

Non è la prima volta che dopo un momento buio della storia si assiste a una riscoperta dello stile, come riporta il New York Times. Il primo esempio risale all’epidemia di peste bubbonica che colpì l’Europa nel XIV secolo: in seguito a quel periodo, infatti, gli abiti si arricchirono di ornamenti e l’abbigliamento divenne sempre più importante.

A cura di

Giorgia Bresciani

Redattore Junior
Collabora con Brandforum da novembre 2018

Nel 2020 ha concluso con lode la Laurea Triennale in Scienze Linguistiche (con Profilo Lingue, Comunicazione e Media) presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con una Tesi sulla valorizzazione comunicativa dello smart working pre e post Covid-19. Nell'ambito della sua Tesi Triennale ha altresì collaborato nella stesura di alcuni paragrafi del libro Brand Renaissance. Nuove tecniche per rivoluzionare la comunicazione organizzativa, scritto a quattro mani da Patrizia Musso (Founder & Director di Brandforum) e da Maria Luisa Bionda.

A settembre 2022 ha conseguito con lode la Laurea Magistrale in Scienze Linguistiche (con Profilo Media e Digital Management) presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con una Tesi dal titolo "Brand, comunicazione e sostenibilità - Un questionario per l'autodiagnosi" (il progetto di Tesi, creato in due fasi, è stato realizzato in collaborazione con Brandforum.it). 

Attualmente è iscritta al XXXIX ciclo del Dottorato in "Studi Umanistici. Tradizione e Contemporaneità" presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con un percorso di approfondimento in "Culture della comunicazione, media e arti dello spettacolo". Il suo Progetto di Ricerca verte sulla comunicazione delle Sale Cinematografiche e Polifunzionali ubicate nel territorio lombardo, con un focus sulla sostenibilità.

Appassionata di Logo Tales, nutre un particolare interesse per il tema della sostenibilità e le sue connessioni con il mondo aziendale. Segue inoltre con particolare attenzione gli sviluppi, le tecniche e le strategie legate al settore della comunicazione digitale.

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