I nuovi consumatori del lusso – IV e ultima puntata
Brand life
I nuovi consumatori del lusso – IV e ultima puntata
27/08/2012

Inchiesta esclusiva a cura di Patrizia Musso e Gabriella Vivaldi, Brandforum.it
Il concetto di lusso non è di facile definizione; a questa complessità di fondo si affianca la nuova cartina geografica dei consumatori del settore. Ne abbiamo delineato il profilo, segnalando le ripercussioni concrete sulle dinamiche produttive, comunicative e di marketing dei brand del lusso.

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Premessa

Nelle precedenti puntate volte ad indagare da vicino il mondo del lusso è emersa in modo evidente la crescente complessità di gestione del settore; nello stesso tempo, si sono delineate via via alcune positive strategie di risposta adottate dai brand di riferimento.


Quello che chiaro è che il concetto di “lusso” è tutt’altro che di facile definizione, soprattutto con la nascita del neologismo di “lusso accessibile”. Abbiamo già avuto modo di definire i tratti portanti dei veri brand di “lusso” (v. link a puntata I puntata II ), riconoscendo nella difesa del patrimonio storico e nell’alto livello di produzione dei prodotti due elementi centrali.


Lo stesso Brunello Cucinelli qualche mese fa, in occasione del 4° Luxury Summit organizzato da Il Sole24ore, ha ribadito il valore dell’artigianalità e dell’alta qualità, oltre al peso della credibilità del dna aziendale (sottolineando a tal proposito il tema del made in Italy) per il settore del lusso.

 

Eppure sempre più spesso si sente parlare di “lusso accessibile”, che porta con sé alcuni tratti paradossali rispetto a quanto definito in precedenza, a partire proprio dal tema delicato della democratizzazione assai in voga, ad esempio, nel settore del fashion.

Una soluzione che, come dimostra chiaramente il caso H&M, comporta due tipi di azioni possibili:


– da un lato, brand e stilisti premium (del calibro di Marni, Karl Lagerfeld, Lanvin, Stella McCartney, Versace, Jimmy Choo) firmano dai primi anni del 2000 “capsule collection” per il noto brand svedese a prezzi contenuti con un movimento di stretching verso il basso (cfr. http://www.brandforum.it/papers/783/h-m-e-la-moda-del-luxury-co-branding-da-oggi-la-collezione-firmata-marni );


– dall’altro lato, H&M stesso dà vita alla sua linea di lusso COS (ovvero “Collection Of Style”) con la proposta di capi che vedono l’uso di tessuti come il cotone organico, poliestere riciclato e la canapa biologica, con prezzi meno low cost rispetto all’usuale; si produce così un movimento di incursione verso l’alto di gamma, sebbene si garantisce una fascia di prezzo non eccessiva. Da notare che a Milano, non a caso, lo store COS è stato aperto in zona centrale in un ex-negozio Armani.

 


In realtà come afferma Marie Pierre Schickel, Direttore del Master in “Marketing of Luxury Goods” (v. http://www.domusacademy.com/lp/luxury/) “la scelta di rendere accessibile un sogno lussuoso potrebbe rivelarsi rischiosa sia per H&M sia per i veri (e vari) player del lusso coinvolti. L’utenza abituale H&M potrebbe non percepire come positiva la proposta di entrare in un mondo (solo) all’apparenza più esclusivo. I brand del lusso rischiano invece di mettere a dura prova la loro responsabilità nei confronti del proprio target storico di riferimento attivando formule di ‘lusso accessibile’”.


E se il concetto di lusso in sé continua a essere oggetto di numerosi dibattiti, quello che è indubbio è che siamo di fronte a una nuova cartina geografica dei consumatori del settore, che andremo ora ad analizzare nelle sue diverse declinazioni.

 

1) La nuova geografia dei consumatori del lusso
Due sono i livelli d’indagine utili per definire il nuovo scenario geografico in corso, a livello macro e micro:

 

• A livello macro, si sono affacciati al lusso nuovi paesi caratterizzati da un aumento significativo della ricchezza.


Come rileva l’indagine Merill Lynch e Capgemini “World Wealth Report 2011”, nell'area Asia-Pacifico risiede la 6a popolazione degli HNWI (High Net Worth Individuals*) in più rapida crescita del mondo, guidate da Hong Kong (33,3%) e Vietnam (33,1%); in America Latina,  dove la popolazione generale degli HNWI è ancora poco numerosa, prevalgono gli Ultra-HNWI che contribuiscono a moltiplicare il livello complessivo della ricchezza di questa area. Si pensi ad esempio al Brasile dove si è costituito il Quadrilàtero do luxo (formato dai grandi centri commerciali di Iguatemi, Cidade Jardim, Morumbi Shopping, Rua Oscar Freire);  solo in questo Paese  – come rileva un’indagine della Fondazione Altagamma (dati 2011) –  si contano 155mila milionari (più che in India e in Russia) e  5mila ultramilionari (individui con 30 milioni di dollari in asset liquidi.

 

 

• A livello micro, i brand del lusso si sono trovati a interagire con nuovi profili di pubblico: più giovane rispetto all’abituale, con un tasso crescente di donne nelle vesti di top spender.


In Brasile questa preponderanza femminile (circa il 75% dei top spender, dati Fondazione Altagamma 2011) si riflette nei principali prodotti venduti quali gioielli e diamanti.


Un pubblico nuovo che si mostra anche alla ricerca di “nuovo lusso”, in settori quali personal goods, arte e viaggi. 

È la Cina ad essere un esempio emblematico di questa trasformazione, con i suoi “nuovi ricchi” (v. link a III puntata ), che appaiono sempre più in cerca di un “lusso su misura”.

Significativa, al proposito, la risposta di LVMH che a Shangai ha da poco aperto nella prestigiosa cornice di Plaza 66 (v. link al video inaugurazione ) la sua prima “maison” su 4 piani: uno spazio fuori dal comune a livello architettonico, ma anche quanto a offerta di prodotti e servizi per recuperare l’immagine di prestigio ed esclusività in calo presso i consumatori cinesi. Come ha dichiarato alla stampa Yves Carcelle (CEO di Louis Vuitton) in occasione dell’apertura dello store "the made-to-order concept is the ultimate luxury", precisando “It's the same with art. If you are interested in art, the ultimate is to commission an artist rather than buy a piece that is already done". E così, un salone privato al primo piano accoglie, solo su invito, i clienti per una messa in piega mentre sono in attesa del progetto della loro borsa “su misura”.

 

Abbiamo parlato anche di questo aspetto con la dottssa Schickel che ha sottolineato come “i brand di lusso sono sottoposti a multiple tensioni: in primo luogo, una tensione geografica (il consumer cinese – medio – vuole cose di grandi dimensioni, costosissime, mentre il cliente brasiliano, per le sue caratteristiche ama comprare nei mall che, anche se di lusso, non sono il format preferito dei brand di lusso che, poco a poco, cercano di adattarsi all’idea); in secondo luogo una tensione di fasce di età (consumer più giovani) con l’inserimento di nuove modalità di consumo che sicuramente si sovrappongono in modo trasversale alle differenze geografiche. Nascono così strategie ad hoc per attirare le nuove generazioni verso i brand”.

Significativa, a questo proposito, la soluzione adottata nel settore dei vini di alta gamma dal brand Pommery nel 1999 con il lancio del “formato POP”: si tratta di  piccole bottiglie da 20 cl ideate per far rivivere lo spirito pionieristico di Madame Pommery da sempre desiderosa di porre la grande tradizione di champagne nel cuore della vita moderna. A quel tempo, il nuovo formato, ora adottato da molte marche, ha contribuito a mettere Pommery in sintonia con nuove modalità di consumo e stili di vita.

 

A fianco di questa geografia complessa fatti di nuovi target, ricostruita nei suoi vari tasselli anche nelle precedenti puntate, abbiamo altresì individuato alcune soluzioni concrete atte a rispondere alle diverse tensioni cui sono sottoposti i brand del lusso contemporanei.

 

 


2) Soluzioni (gestionali, comunicative e di marketing) per andare incontro al nuovo che avanza


Tra le dinamiche in corso nel mondo del lusso per gestire “il nuovo che avanza” è interessante segnalare i riflessi sugli aspetti produttivi e gestionali delle aziende di questo settore: i brand del lusso, ben più di altri, hanno nuovi target da gestire, con esigenze non solo in continua crescita ma anche assai diverse fra loro, legate alle radici socio-culturali ma anche numeriche che caratterizzano i vari paesi del BRIC. Accontentare un cliente dalla Cina al Brasile (e spesso con soluzioni “su misura”) significa avere una capacità creativa, ma anche produttiva fuori dell’ordinario.


Dal punto di vista creativo, pensiamo al caso del settore automobili: quello che per gli europei viene considerato un vero lusso (la velocità) non lo è in altri mercati (in Cina per es. il lusso per questo settore è avere l’autista).


Dal punto di vista produttivo, appaiono singolari alcune scelte adottate nel settore dei vini di alta gamma. Secondo gli ultimi dati Vinexpo, l’Asia diventerà il 2° più grande mercato di vino del mondo entro il 2015; e sono nuovamente i numerosi e ricchi cinesi ad accrescerne il consumo (si stima una crescita di oltre il 50% entro quell’anno). Château Lafite è tra i brand favoriti da questo nuovo consumatore, a tal punto che la richiesta va ben oltre l’offerta aziendale esistente: ciò darà vita nel 2014 alla produzione del vino nel cuore dello Shandong, la più antica e ampia regione dove si produce vino in Cina, con i vitigni base dei più famosi blend francesi. Interessante anche l’affermazione di  Guillaume d’Angerville del celebre Domaine Marquis d’Angerville (produttore di prestigiosi Volnay, Meursault, Pommard), su come i consumi da parte di Cina e Hong Kong cresceranno per i vini della Bourgogne rispetto ai tradizionali mercati (Francia, Regno Unito e Stati Uniti), portando il brand a destinare un minore quantitativo di vini in alcuni di questi paesi di riferimento pur di venire incontro alla crescente domanda asiatica.

 

Un secondo aspetto da non sottovalutare nell’approcciare il nuovo consumatore riguarda il mantenimento dei tratti fondanti il dna del brand d’origine: i cambiamenti, per quanto necessari, possono causare ben più di un semplice restyling, andando a minare le basi stesse della marca. E non è poi detto che i cambiamenti vadano sempre a buon fine. Vediamo di approfondire questo delicato aspetto andando a indagare da vicino alcuni casi sui quali questa “tensione al nuovo” è andata a cadere.


Iniziamo da dinamiche di natura comunicativa.


La corporate identity è tra le prime a essere oggetto di restyling nel tempo e a risentire il peso dei gusti diversi dei nuovi target multi-etnici.
Un primo recente esempio di rebranding che ha fatto notizia anche sui social network riguarda il brand Yves Saint Laurent, che cambiato a livello globale il proprio naming (ma non lo storico logo YSL) in Saint Laurent Paris. Una scelta che entrerà in gioco nella collezione primavera/estate 2013 e che ha già ricevuto molte critiche. Hedi Slimane, nuovo direttore creativo e ideatore di questo parziale restyling, ha spiegato alla stampa come la genesi – non capita dal pubblico – del nuovo naming sia in effetti frutto di un recupero del marchio storico utilizzato dal Fondatore nel 1966 per la creazione della sua prima linea pret-a-porter denominata Saint Laurent Rive Gauche. La dicitura 'Rive Gauche' è stata sostituita dalla più moderna e internazionale 'Paris', simbolo in tutto il mondo di stile e alta moda. L’intenzione è stata, quindi, quella – come dichiarato da Slimane – di “restituire al brand la sua verità, purezza ed essenza, portandolo in una nuova era, rispettando gli originali principi e ideali, a partire dal recupero del font e del naming”. Un ritorno quindi al passato, che rispetta in pieno i canoni di quello che abbiamo già definito Brand Reloading del lusso (v. link http://www.brandforum.it/papers/925/il-reloading-del-lusso-ii-puntata ).


Le modifiche, soprattutto se riguardano un marchio assai noto, non sono mai facili. I consumatori più fedeli hanno bisogno in qualche modo di imparare a relazionarsi con la nuova immagine del loro lovermark.

Il settore vinicolo italiano ha cercato, dal canto suo, di venire incontro anche a livello comunicativo ai gusti asiatici: è il caso del vino Super Tuscan Ornellaia che ha visto la produzione dell’etichetta da parte dell’artista cinese Zhang Huan per l’edizione limitata 2009 (denominata “Vendemmia d’artista”), con disegni ispirati al grande filosofo Confucio applicate su bottiglie da 9 litri. Un’iniziativa che ha necessariamente piegato a livello locale i tratti visivi del brand (v. foto sul nostro spazio su Pinterest http://pinterest.com/pin/110830840800794410/).

 

 

Esistono poi dinamiche marketing oriented che danno luogo a inusuali strategie di brand diversification, capaci sia di allargare le opportunità di consumo su target esistenti, sia di rispondere alle nuove geografie in costituzione (per avvicinare soprattutto i nuovi target di giovani ricchi).
 

I casi esemplari di Armani e Missoni contemplano entrambe le dimensioni, mostrando come famosi brand del lusso possano incrementare il loro business, profitto e prestigio attraverso una diversificazione strategica dei loro prodotti e mercati. Entrambe le aziende, forti del loro patrimonio storico e del loro stile altamente riconoscibile, si sono espanse nel mercato delle collezioni per la casa fino a quello degli arredi, in un’ottica di total living per consolidare la relazione con il target esistente e aprirsi a nuovi mercati. Per avvicinarsi anche ai nuovi target, si sono spostate nel settore dell’ospitalità: Hotel e Resort brandizzati Armani sono stati aperti a Dubai e a Milano, andando a riflettere architettonicamente i colori scuri e le linee eleganti del brand, mentre in  Kuwait e a Edinburgo si ritrovano alberghi allestiti con i disegni colorati del brand Missoni. Ma l'esperienza di lusso che viene offerta in queste esclusive dimore non è solo visiva: cerca di toccare il cuore dei consumatori, facendo avanzare il sogno di proustiana memoria in un ricordo da portare con sé e da rivivere il più spesso possibile soprattutto per la nuova generazione di ricchi.

 

Sulla stessa scia ha cercato di porsi anche la Qatar Holding che dopo l'acquisto dei magazzini Harrods ha annunciato l’espansione del marchio (in effetti non proprio lifestyle) con l'apertura di una serie di hotel a Londra, Kuala Lumpur, Malaysia e Sardegna. Questa diversificazione vuole aprire le porte a una nuova strategia di sviluppo dell’ospitalità di lusso per rispondere alle esigenze sia del target più maturo, sia di quello più giovane. Una soluzione di puro brand stretching che suscita in realtà molti dubbi.

 

Esistono poi soluzioni che mostrano chiaramente la volontà di tenere il passo con i gusti dei nuovi consumatori multietnici. A questo proposito, il Ritz Carlton a Parigi si sta sottoponendo a un progetto di ristrutturazione che durerà due anni, sotto le mani esperte di Thierry Despont che non vuole rivelare come sarà l'albergo "nuovo". L'obiettivo è quello non solo di invogliare le famiglie regali, target storico del brand, ma anche di avvicinare il pubblico più giovane di consumatori ricchi alla ricerca di un'esperienza elegante ed unica. L'eredità storica di questo hotel ha radici profonde che si perdono nel passato e connotano in modo distintivo il brand: ci sono pochi luoghi al mondo in cui una stanza d'albergo è registrata come un monumento nazionale, come l’Imperial Suite (da 13,900 euro per notte) con vista su Place Vendome. Singolare su questo versante anche l’esempio di Hilton China, che ha declinato localmente lo standard di  qualità internazionale del brand Hilton per rispettare la cultura cinese: tutti i prodotti alcolici sono stati rimossi, è stato inserito il rito del tè, con apposita tea room; il personale è stato formato ad hoc.

 

Abbiamo chiesto alla dottssa Schickel come il piano didattico del suo Master in “Marketing of Luxury Goods” (le iscrizioni chiuderanno il 10 settembre p.v.) affronterà concretamente queste tensioni sempre più palpabili per i brand del lusso: “Più che case histories, che sicuramente saranno numerose, una buona parte della didattica sarà sviluppata attraverso dei workshops, veri progetti realizzati dai nostri studenti su più settimane, a partire da brief concepiti con le nostre aziende partner. Con la Maison Pommery e Cartier, chiederemmo agli studenti di ragionare su concetti innovativi per avvicinare a questi brand un target più giovane. Con loro, ma anche con Zagliani e Castel Monastero, affronteremmo la difficoltà di esprimere pienamente la brand experience per brand di lusso, come avvicinare target più giovani a brand storici, come un marchio di vero lusso può affrontare in modo efficace il mondo digitale. Come avete saputo far vedere nelle vostre puntate su Brandforum, le criticità sono tante, anche se il settore gode di una forte crescita”.

 


Conclusioni


Il nuovo target del mondo del lusso appare più difficile da definire: le aspirazioni, le necessità ma anche i gusti sono assai frammentati, anche a causa della multiculturalità che abbiamo delineato. Come afferma la dottssa Schickel, “con la complessità culturale odierna, il lusso si vive in modo diverso e meno omogeneo rispetto al passato.  Il concetto di brand globale è destinato a decadere per il mondo del lusso”.


Il rovescio della medaglia per i brand del lusso è quello di dover adattare eccessivamente il proprio dna per poter piacere fino in fondo ai nuovi e diversificati target. Le tensioni global/local per il lusso diventano a questo punto assai delicate: un conto è adattarsi localmente, con declinazioni che non incrinano profondamente l’anima del brand, un conto è dover cambiare le proprie radici, mettendo quasi completamente nelle mani dei nuovi ricchi tutto il “potere di gestione” della propria marca.

 

Cosa ne sarà poi dei target “storici” del lusso extra-BRIC: sono destinati a scomparire?

Secondo la ricerca Merryll Lynch e Capgemini, “la dimensione e la ricchezza della popolazione degli HNWI in Europa sono cresciute nel 2010, anche se tale crescita è stata una delle più basse di tutte le regioni”. Si può allora ipotizzare la creazione di una spaccatura trasversale fra ricchi intenditori di brand di lusso (chi conosce e apprezza tutte le sfumature del brand del lusso, è proteso a sperimentare nuove vie, nuovi materiali, area del BRIC compresa) e ricchi detentori di prodotti di lusso (chi acquista in un’ottica vetero-lusso orientata a ostentare la propria capacità di spesa).

Uno scenario che comporterà un complesso e delicato equilibrio per i brand del lusso: una capacità di resistenza nel mantenere salda la gestione delle proprie radici e dei valori, unita a una spinta verso l’innovazione per andare incontro al nuovo che avanza (on e off line).

 

—-
* High Net Worth Individuals (HNWI): si tratta di individui con patrimonio finanziario superiore a 1 milione di dollari (Fonte indagine Merill Lynch e Capgemini “World Wealth Report 2011”).

 

 

A cura di

Patrizia Musso

Fondatrice di brandforum nel 2000

Direttore Responsabile del sito dal 2001

Professore incaricato del corso annuale di Storia e linguaggi della pubblicità (Facoltà di Scienze Linguistiche, indirizzo in Lingue, comunicazione e media) presso l'Università Cattolica di Milano dove insegna sin dal 1997 (temi: Comunicazione d'impresa interna ed esterna, corsi di laurea Triennali e Magistrali, Fac. Scienze Linguistiche, Fac.Sociologia, Fac. di Economia e Commercio). Presso il medesimo Ateneo sin dal 1993 svolge altresì attività  di ricerca. Dal 2009 insegna altresì Forme e strategie della comunicazione digitale presso il Master in 'Comunicazione, marketing digitale e pubblicità  interattiva' promosso in collaborazione con IAB Italia.

Dal 2014 è Direttore Didattico del Master in Account & Sales Management, Università Cattolica di Milano.

Dal 1998 al 2017 ha collaborato con varie Università ed Enti di formazione ( docenza di Promozione della marca all'Università  IULM di Milano, docenza di Brand communication presso Master IED - area Comunicazione, Marketing & Pubblicità (sede Milano), docenza di Branding e Fenomenologia dei media presso la sede IED di Torino).

Vanta altresì una consolidata esperienza nel settore della consulenza strategica applicata alla comunicazione di marca e d'impresa (esterna e interna) e in quello della formazione aziendale. Dal 1998 al 2004 è stata ricercatore e senior trainer presso la società internazionale Arkema con sede a Parigi di Andrea Semprini, occupandosi di formazione strategica e di ricerche semiotiche applicate al brand  (tra i clienti Barilla, MaxMara, Manzoni ADV).

Dal 2005 opera come free-lance per realtà aziendali prestigiose, collaborando al contempo su specifici progetti di consulenza e formazione strategica con quotati enti e società del settore. Ha collaborato in varie occasioni con l'istituto di ricerca S3Studium come esperto in una serie di indagini Delphi, tra cui 2010: IL VOLTO DELL’ITALIA. Come evolverà il valore intangibile del “made in Italy” e della “Marca Italia” (Coordinamento scientifico Domenico De Masi e Innocenzo Cipolletta, ottobre 2006).

Dal 1993 è autrice di numerosi volumi e saggi dedicati alla comunicazione d'impresa e alla brand communication, tra i più recenti: 
nel gennaio 2017 ha pubblicato la nuova edizione aggiornata e ampliata Slow brand. Vincere imparando a correre più lentamente

Nel 2018, con Alessandra Olietti, ha scritto il volume per FrancoAngeli Turismo digitale. In viaggio tra i click

Nel 2020, con Maria Luisa Bionda, ha curato il volume per FrancoAngeli Brand Renaissance. Nuove tecniche per rivoluzionare la comunicazione organizzativa

Da gennaio 2014 a settembre 2015 è stata membro dell'Advisory Board dell'OBE - Osservatorio Branded Entertainment.

Dal 2017 è Direttore Scientifico di OBE, e cura la rubrica sul Branded Entertainment sulla testata NC-Nuova Comunicazione

Dal 2016 è membro del Council SuperBrands Italia

Nel giugno 2015 ha dato vita alla I edizione dell'evento Slow Brand Festival, in collaborazione con l'Associazione Vivere con Lentezza e la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Dal giugno 2018 l'evento si tiene con la collaborazione anche di ALMED - Alta Scuola in Media, Comuncazione e Spettacolo - dell'Università Cattolica di Milano.

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