Patrizia Musso, Direttore Brandforum.it
La pubblicità è in un momento di stallo? Pare proprio di sì.I siti internet come strumento di raccolta pubblicitaria fanno fatica a decollare, o ancor meglio, sono in netta crisi? Eppure, uno strumento di promozione che sembra resistere agli alti e bassi della comunicazione sembra esserci: si tratta degli spazi commerciali, sempre più luoghi efficaci di comunicazione con il consumatore finale.
La pubblicità è in un momento di stallo? Pare proprio di sì.
Per cercare di superare questo momento critico l’UPA (Utenti Pubblicitari Associati) e la Fieg (Federazione italiana degli editori) hanno deciso di realizzare una campagna “istituzionale” firmata dall’agenzia Armando Testa, che verrà trasmessa tra fine settembre e i primi di ottobre. L’obiettivo del telecomunicato è semplice: invitare al consumo, far tornare la fiducia, ricordare che dopo tutto – come sosteneva il filosofo Leibniz – noi viviamo nel migliore dei mondi possibili.
I siti internet come strumento di raccolta pubblicitaria fanno fatica a decollare, o ancor meglio, sono in netta crisi? La situazione disastrosa di Aol (America on line) ne è un chiaro segnale.
Eppure, uno strumento di promozione che sembra resistere agli alti e bassi della comunicazione sembra esserci: si tratta degli spazi commerciali, sempre più luoghi efficaci di comunicazione con il consumatore finale. E questo è ben visibile soprattutto nel campo della moda.
Dopo Prada, con il suo nuovo negozio di New York aperto all’inizio di questo anno dal noto (e non da tutti amato) architetto olandese Rem Koolhaas, dopo le innovazioni di Armani [1], che a Milano con il suo shop concept è riuscito quasi a cambiare fisionomia all’austera via Manzoni, ecco che a Parigi sboccia il nuovo spazio Calvin Klein.
Lo stilista americano è riuscito a creare “spazi parlanti” – ovvero in grado di mettere in scena l’identità del brand – non solo a New York, ma anche a Tokyo e a Londra, creando ogni volta un progetto originale contro ogni possibile standardizzazione. E pensare che solo dieci anni fa Klein ha aperto il suo primo negozio monomarca in Madison Avenue a Manhattan, grazie alle intuizioni dell’architetto John Pawson che, a Londra, aveva realizzato lo showroom per le cucine Bulthaup (uno spazio espositivo più che realmente commerciale, che -a quanto si dice- è piaciuto molto allo stilista Klein).
Se però Prada ha scelto di seguire con forza una via contraria alle regole della visual consistency (selezionando forme e materiali diversi in ogni parte del mondo, rinunciando perfino ai suoi colori istituzionali), Klein ne ha seguito in parte alcuni dettami. Pur scegliendo di volta in volta spazi diversi (dal grande shopping center fuori città alla boutique del centro città), è possibile scorgere in tutti i negozi Calvin Klein alcuni elementi ricorrenti: oltre ad alcuni dettagli (pareti bianche, pavimento in pietra di York), si ritrova una medesima logica di disposizione di oggetti e abiti. Si tratta di percorsi omogenei, chiari e lineari capaci di guidare in qualsiasi parte del mondo il consumatore. Il tutto secondo un’unica ottica: quella della riconoscibilità.
In questo modo, qualsiasi cliente, sia che si trovi a New York, a Tokyo o a Parigi, potrà identificare a colpo d’occhio il negozio Calvin Klein. Ma non solo. Questa soluzione architettonica può essere letta come un segnale di una ben precisa strategia di comunicazione del brand. Klein ha scelto di rendere facile e immediato l’accesso al suo mondo: il consumatore è messo in condizione di conoscere le regole di costruzione del negozio, per potercisi muovere a proprio agio. Trovare un abito, provarlo, pagare, tutto viene reso semplice e immediato.
Eppure quante volte, invece, capita di entrare in una catena di negozi di moda in diverse città d’Italia e ci si trova a doversi muovere “per prove ed errori”, perché in ogni punto vendita è diversa la collocazione spaziale delle linee? Oppure trovarsi confusi e disorientati di fronte a negozi monomarca che alla fine si confondono l’uno con l’altro (tutti con pareti bianche, tutti con elementi hi-tech).
Forse talvolta la gestione del brand in 3D non è perfettamente appropriata. Non è raro infatti constatare come molti monomarca siano il risultato più dei gusti dell’architetto o dello stilista committente che di veri e propri studi approfonditi sul brand. E così ci si trova davanti a splendidi ed esteticamente perfetti progetti architettonici, che sono però in realtà distanti dai brand value.
Spazi spettacolari forse, ma non certo parlanti.
[1] Una curiosità: Armani sta per lanciare una linea di cioccolatini che verranno racchiusi in scatole impreziosite da un fiore reciso tenuto in vita secondo la concezione dell’acqua coltura.