Strategie traduttive all’interno di diversi mezzi di comunicazione aziendale: i casi Lush e Benefit
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Strategie traduttive all’interno di diversi mezzi di comunicazione aziendale: i casi Lush e Benefit
21/06/2018

Giulia Pomati, Network di Brandforum
Una buona traduzione è fondamentale per raggiungere obiettivi commerciali, comunicativi ed emotivi per esportare il proprio prodotto in un mercato estero: i casi Lush e Benefit Cosmetics

Puntare al cliente, mirare, colpire (e fidelizzare) è ciò a cui ciascun brand aspira pensando alla propria strategia comunicativa. Infatti è importante l’utilizzo di un linguaggio adatto nel momento in cui si parla al proprio pubblico, perché anche solo una parola di troppo potrebbe ribaltare la situazione.

 

Il quadro risulta ancora più complesso se pensiamo ad un prodotto che è stato creato per un determinato consumatore e invece deve essere presentato ad un altro, magari situato dall’altra parte del mondo; un destinatario differente, dunque, non solo dal punto di vista linguistico ma anche, e soprattutto, da quello culturale.

 

Come si può tradurre il famoso payoff di Nike “Just do it” in giapponese senza che perda tutto il suo appeal linguistico?

 

Il concetto, particolarmente adatto ad una cultura che fa della dinamicità e dell’immediatezza il proprio punto chiave, può risultare adeguato ad un pubblico che, al contrario, fa della calma, del ponderare e del “long term thinking” la propria filosofia di vita? 

 

Questi sono solo alcuni degli scogli che i traduttori (in particolare quelli che si occupano di pubblicità e contenuti mediatici) si trovano ad affrontare ogni giorno: si tratta di elaborare un nuovo messaggio che, una volta colmato dai procedimenti di riempimento di significato del consumatore, risulti analogo a quello iniziale. Si può dunque comprendere il ruolo centrale di una buona traduzione per raggiungere obiettivi commerciali, comunicativi ed emotivi nel momento in cui si desidera esportare il proprio prodotto in un mercato estero.

 

Le aziende che hanno un profilo molto ludico, predisposte all’uso di giochi di parole e figure retoriche nei propri contenuti, sono sicuramente quelle che incontrano una maggiore difficoltà traduttiva: esempi sono le due aziende di cosmetica, Lush – Fresh Handmade Cosmetics, e Benefit Cosmetics – Laugh is the best cosmetic!.

 

Da un lato, Lush è un’azienda inglese che punta sul connubio divertimento ed ecosostenibilità, dimostrando che uno non pregiudica l’altro: confezioni ridotte al minimo, trasparenza assoluta, impegno in numerose campagne sociali, ingredienti di qualità, naturali, vegani, e il più possibile eco-friendly, si uniscono a colori, forme e consistenze insolite, mostrando come i brand ecologici e naturali possano essere tutt’altro che noiosi. L’azienda, inoltre, possiede laboratori di produzione situati nei diversi paesi, in modo da abbassare l’impatto ambientale dei trasporti e garantire una maggiore freschezza dei prodotti.


Dall’altro lato troviamo l’americana Benefit Cosmetics, che punta al contrario sul motto “fake it ‘till you make it”: contro la naturalità dei prodotti Lush, il brand statunitense inserisce il make-up tra gli accorgimenti che aiutano a nascondere o perfezionare i nostri difetti, sostenendo che non c'è nulla di male se questo fa aumentare l'autostima femminile e ci fa sentire bene; il tutto viene comunicato in un tono carico di malizia e divertimento.


Le due aziende utilizzano diversi mezzi di comunicazione aziendale, dal cartaceo, al digitale. Analizzando i loro comportamenti traduttivi all’interno dei diversi mezzi, risulta molto interessante cercare di comprendere se i due brand traducono i propri prodotti in maniera simile o utilizzano strategie diverse, e se esiste di conseguenza una probabile spiegazione per le loro scelte.

 

Il medium cartaceo: il catalogo

 

La traduzione di un catalogo rappresenta una questione centrale soprattutto per quanto riguarda la descrizione dei prodotti ed i loro nomi, che devono essere ugualmente efficaci sul mercato d’arrivo. 


Nel caso di Lush, molto spesso i nomi originali in inglese si appoggiano a riferimenti di tipo culturale, il cui fascino risiede nel linguaggio della parodia, dell’evocazione, dell’iperbole e della sinestesia. Per questo motivo la difficoltà traduttiva è molto alta. Lush per diverso tempo ha puntato a tradurre quasi ogni singolo nome di prodotto presente nel catalogo, facendo dell’ironia culturalmente adattata un punto di forza aziendale.

 

Un esempio è la traduzione di “Sea vegetables” (Fig.1) (alghe) in “Sapone di Mare”(Fig.2): qui il nome inglese, piuttosto semplice, diventa nella sua traduzione italiana un riferimento culturale, che può essere interpretato come un gioco di parole o sulla canzone di Gino Paoli “Sapore di sale” o sul film-commedia italiano degli anni ’80 “Sapore di Mare”. Anche il prodotto inglese “Sexy Peel” (Fig.1) è basato su un gioco di parole, in quanto il nome richiama l’espressione “sex appeal”, a cui però viene sostituito “peel” (buccia), poiché il sapone contiene scorze d’agrumi. Lush cerca dunque di far leva su un valore emozionale, il fatto che il sapone possa far sentire seducente chi lo usa.

 

La traduzione si dimostra allo stesso modo efficace utilizzando anche qui un rimando culturale: il film “9 settimane e ½”, famoso per il suo lieve erotismo, diventa “9 Agrumi e ½” (Fig.2), e Lush Italia precisa il riferimento nella descrizione: “per svegliarsi con l’energia degli agrumi appena spremuti e sentirsi sexy anche alle 6!”.

 

(Fig. 1 – Redazione Brandforum)

 

 

(Fig. 2 – Redazione Brandforum)

 

Nei cataloghi Lush pubblicati dal 2015 in poi, è interessante però vedere come la decisione primaria di adattare i nomi alla cultura di arrivo sia sfumata pian piano verso la tendenza a voler far tornare gran parte dei prodotti al loro nome inglese. La strategia iniziale, infatti, per quanto indovinata dal punto di vista dell’enfasi sulla produzione locale, rischiava di generare confusione nel cliente che utilizza media digitali, ed è quindi spesso in contatto non solo con la fonte locale ma anche con quella originale.

 

Benefit al contrario non traduce i nomi dei propri prodotti, che rimangono in lingua inglese, anche perché i cosmetici vengono tutti realizzati in sede a San Francisco e non vi è la possibilità di modificare packaging ed etichette come per Lush, che ha sedi di produzione nei diversi paesi. Per questo motivo i giochi di parole presenti nel nome stesso del prodotto non vengono adattati (per esempio “Galifornia”, unione di “Gal”, termine informale per dire “ragazza” in inglese americano, e “California”, rimane identico nella versione italiana).

 

Anche nelle descrizioni dei propri prodotti Benefit decide di non adattare i giochi di parole e spesso di eliminarli, in quanto l’oscurità di linguaggio rischierebbe di pregiudicare la chiarezza, particolarmente importante in questo caso; decide però di compensare con un’ironia più marcata negli altri elementi del catalogo che hanno invece funzione puramente di intrattenimento e di posizionamento ludico del brand. Un esempio è visibile nelle pagine del catalogo che hanno come background Parigi (Figg. 3 e 4), e che elencano diversi prodotti per sopracciglia. La vignetta originale contiene la frase “Eiffel for beautiful brows”, che utilizza l’omofonia di Eiffel (nome della celebre Torre di Parigi) e “I fell” (nel significato figurato “mi sono innamorata di bellissime sopracciglia”); la traduzione italiana punta a mantenere il riferimento a Parigi utilizzando la tecnica dell’adattamento culturale: “Parigi val bene una messa… in piega delle sopracciglia!”, giocando sul doppio senso di “messa”.

 

(Fig. 3 – Redazione Brandforum)

 

(Fig. 4 – Redazione Brandforum)

 

Il medium digitale: i video online

 

Anche nel caso dei video online le due aziende adottano due comportamenti diversi: nel caso di Lush, se dal punto di vista dei prodotti l’azienda si è trovata a dover fare un passo indietro per quanto riguarda la localizzazione, lo stesso non si può dire per i contenuti audiovisivi presenti su Youtube.

 

La maggior parte dei video pensati per il web viene infatti adattata e localizzata, riutilizzando pochissimo materiale proveniente dal canale originale, molte volte privilegiando la creazione da zero e premendo molto sui contenuti che hanno una relazione diretta col territorio. Esempi sono i video che mostrano la manifattura dei diversi prodotti, come nel caso del balsamo per il corpo Ro’s Argan (Regina di Rose in italiano): nella versione italiana tutte le parti verbali (sia scritte che orali in inglese) vengono rimosse, così come le inquadrature del prodotto originale; vengono invece introdotte inquadrature del packaging e immagini dello store italiano (Figg. 5 e 6).

 

(Fig. 5 – Redazione Brandforum)

 

(Fig. 6 – Redazione Brandforum)

 

Inoltre, la componente importante nei video di Lush è la presenza di un volto reale, prestato da un dipendente aziendale in veste di testimonial, che mira a connettere maggiormente l’azienda al cliente favorendo l’identificazione del brand con persone vere. Per questo motivo i video vengono girati ex novo con dipendenti madrelingua che spiegano come utilizzare il prodotto una volta finito (Figg. 7 e 8).

 

(Fig. 7 – Redazione Brandforum)

 

(Fig. 8 – Redazione Brandforum)

 

Oltre ai video che mostrano i procedimenti di manifattura, come usare i diversi prodotti e la loro descrizione, il canale italiano presenta anche moltissimi contenuti culturalmente localizzati: in particolare video-recap di eventi svoltisi sul territorio (per esempio l’inaugurazione di nuovi punti vendita, collaborazioni tra il brand ed altre istituzioni culturali), video postati in occasione di feste nazionali e video riguardanti le iniziative sia ecologiche che sociali in cui Lush si impegna in territorio italiano.

 

Nel caso opposto, Benefit si limita unicamente alla traduzione delle parti salienti dei propri spot, utilizzando sempre una parte verbale scritta ed il sottotitolaggio, che per indole tende a ricordare all’utente che si tratta di un prodotto straniero e dona un carattere d’internazionalità, al contrario del remake o dell’adattamento che vogliono invece dare l’illusione di un prodotto nuovo originato nel paese d’arrivo; per esempio, nel video dedicato al prodotto “Fine-One-One”, che serve a ravvivare il colore di guance e labbra, troviamo che il titolo del video originale è “Fine-One-One to the rescue!” (Fine-one-one in soccorso!), che sottolinea il gioco di parole sul numero unico di emergenza statunitense 911 (Nine-One-One) modificato in “Fine” (bello, affascinante, attraente).

 

Lo stesso gioco di parole viene traslato nella parte grafico-narrativa dello spot, che si basa su una sorta di accademia d’addestramento militare parodiata, dove i cadetti sono delle belle ragazze in uniforme rosa e l’esercitazione prevede un insegnamento su come utilizzare la loro arma migliore, ossia il prodotto. Lo spot si conclude con una sorta di promozione delle cadette, in cui l’ufficiale distribuisce a ciascuna il proprio “Fine-One-One” e chiude commosso con la battuta “Watching my babies earn their stripes!” (che bello vedere le mie bimbe ricevere la promozione!) che gioca anche su una caratteristica del prodotto, composto da strisce (stripes) di colore diverso, indicando che oltre alla promozione, le ragazze si guadagnano anche il loro primo Fine-One-One.

 

Il video italiano opta anche in questo caso per i sottotitoli; i vari riferimenti culturali non vengono trasposti, a partire dal titolo del video che diventa “Benefit Presenta: Fine-One-One; i frame che presentano scritte in inglese non vengono tradotti (Fig. 9), e anche la battuta finale viene tradotta letteralmente (Fig. 10). Inoltre, nel video originale una cadetta viene affettuosamente soprannominata “Tater Tot” (un tipo di crocchetta di patate, quindi col significato di “crocchettina” o “polpettina”), nomignolo che non viene tradotto nel video italiano (Fig. 11). In generale la strategia adottata da Benefit è dunque prevalentemente straniante.

 

(Fig. 9 – Redazione Brandforum)

 

(Fig. 10 – Redazione Brandforum)

 

(Fig. 11 – Redazione Brandforum)

 

La comunicazione digitale: i siti web

 

Per quanto riguarda il proprio sito web, Lush adatta culturalmente gran parte dei propri elementi, dalla grafica ai titoli e agli articoli, che vengono scritti appositamente per la determinata area socio-culturale: il sito inglese propone temi interessanti per il Regno Unito, tra cui l’argomento Brexit, le elezioni, legislature sulla caccia sportiva, donazioni a gruppi ambientalisti, e nuove politiche scozzesi.

 

(Fig. 12 – Redazione Brandforum)

 

Tra gli articoli di Lush Italia (Fig. 13) invece gli argomenti toccano inaugurazioni di nuovi punti vendita, recap di eventi come mostre organizzate sul territorio, ma anche approfondimenti sull’iniziativa CharityPot a sostenimento dei territori colpiti dal sisma. Il focus sulla localizzazione è particolarmente evidente non solo nella scelta degli articoli proposti ma anche nella homepage, che presenta adattamenti sia linguistici che grafici a seconda del destinatario a cui si rivolge: in occasione del Natale, per quanto riguarda la versione inglese e quella italiana (Figg. 14 e 15), l’immagine che fa da sfondo alla home è la stessa ed il tema adottato prevede i toni del rosso e del bianco, che ricordano nell’immaginario culturale Babbo Natale e Santa Claus; al contrario nel sito USA (Fig. 16) troviamo uno sfondo blu, azzurro e con degli inserti giallo/arancioni, colori che in Italia culturalmente vengono facilmente associati all’estate. L’adattamento culturale è dovuto ad una stagionalità inversa che vede l’inverno freddo e nevoso contrapposto alla stagione del caldo, del mare e delle vacanze sotto il sole.

 

(Fig. 13 – Redazione Brandforum)

 

(Fig. 14 – Redazione Brandforum)

 

(Fig. 15 – Redazione Brandforum)

 

(Fig. 16 – Redazione Brandforum)

 

Dall’altro lato Benefit si ritrova coerente con l’approccio prevalentemente straniante; nelle figure 17 e 18 vengono analizzate l’area inglese e italiana dedicate alla cura delle sopracciglia: la strategia che Benefit Italia adotta per il suo sito web è quella di trasmettere la maggior parte dei contenuti “Made in USA” traducendo solo le parti linguistiche ritenute essenziali per la comprensione generale del messaggio, spesso lasciando delle parti in inglese negli inserti come banner e fotografie. La strategia coniuga dunque un adattamento nel titolo “New Brow Styling” (lett. Nuovo stile per le sopracciglia) che diventa “Esalta il tuo sguardo”, ed uno straniamento dovuto alle didascalie delle foto mantenute in inglese.

 

(Fig. 17 – Redazione Brandforum)

 

(Fig. 18 – Redazione Brandforum)


Anche nella zona “Beauty Gossip”, dove vengono pubblicati video che parlano di consigli di bellezza, i contenuti sono gli stessi della pagina inglese e non toccano mai argomenti riguardanti specificamente un territorio come nel caso Lush. I video inoltre mantengono la parte verbale orale in lingua inglese (Figg. 19 e 20). Si tratta dunque di un brand che, nonostante presti attenzione al proprio cliente adattando le parti salienti dei propri testi, vuole comunque sottolineare la propria provenienza culturale, coniugando elementi che danno un’aria di internazionalità con traduzioni italiane che mirano alla comprensione di un mondo americano tutto da scoprire.

 

(Fig. 19 – Redazione Brandforum)

(Fig. 20 – Redazione Brandforum)

 

Conclusione

 

Le due aziende adottano comportamenti molto diversi nel tradurre i propri contenuti, e ciascuno è profondamente motivato e connesso alla relativa brand identity. 

Lush predilige l’adattamento e la localizzazione, poiché puntando su valori come l’ecosostenibilità, il riciclaggio ed il commercio equo-solidale, necessita di far leva su elementi emozionali della vita quotidiana del consumatore, evitando oscurità e malitesi ed utilizzando un linguaggio chiaro e cristallino come i prodotti che promuove: per questo motivo la localizzazione risulta una strategia vincente.


La strategia Benefit coniuga invece per la maggior parte dei testi addomesticamento e straniamento, con una prevalenza finale per quest’ultimo: l’azienda desidera far percepire in tutti i suoi contenuti un’aria a stelle e strisce, rendendo l’internazionalità il punto chiave del proprio appeal.

 

 

Giulia Pomati, neolaureata con lode presso l’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, facoltà di Lingue, Comunicazione e Media; volontaria presso l’ufficio promozione e organizzazione eventi di beneficienza LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori), sede di Lodi. 

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